Da tempo si era ritirato ed era malato. Ma la morte di Giacomo Tachis ha lasciato interdetto e addolorato il mondo dell’enologia. E lui degli enologi, dopo la scomparsa di Luigi Veronelli, era il re riconosciuto. Tachis aveva 82 anni. Piemontese, originario di Poirino (Torino), dopo gli studi alla Scuola di enologia di Alba ha lavorato per lunghi anni in Toscana e in Sardegna, fino a ritirarsi dall’attività di winemaker nel 2010 per dedicarsi, nella sua casa di San Casciano Val di Pesa, alla custodia di antichi volumi da appassionato bibliofilo. Si è sempre definito ironicamente un ”mescolavino” ma il celebre enologo è di fatto il papà, l’inventore di grandi vini come i supertuscan Tignanello, Solaia, Sassicaia, e in Sardegna il Terre Brune e Turriga. “Tutto il mondo del vino si inchini” scrivono dal Gambero Rosso in un Tweet.
Con la sua scomparsa, afferma il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, “il mondo del vino perde uno dei suoi più importanti maestri. Protagonista indiscusso del rinascimento del vino italiano, ha saputo reinterpretare il ruolo stesso dell’enologo. Un uomo di grandissima cultura che ha fatto della qualità una pratica quotidiana, diventando un punto di riferimento per le nuove generazioni di enologi”. Se oggi il vino italiano -aggiunge Martina- è riuscito a raggiungere certi traguardi è anche per merito di uomini come Giacomo Tachis e Luigi Veronelli che in anni duri hanno saputo accompagnare il rilancio di questo settore. Dobbiamo fare in modo che la loro eredità possa essere uno stimolo a fare sempre meglio”.