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Ebrei romani, sfida a quattro per il dopo Pacifici

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Dopo tre mandati Riccardo Pacifici non poteva ricandidarsi. Dunque il sanguigno e attivissimo presidente della Comunità Ebraica di Roma sta alla finestra, per vedere come va a finire la battaglia per succedergli al vertice. Una battaglia combattuta senza esclusione di colpi, in verità. Incontri, confronti, interventi sui Social, da settimane il mondo ebraico romano è in agitazione. Fino al tramonto di venerdì 12 giugno. Poi comincia, con lo shabbat, il silenzio elettorale. Si vota domenica 14 dalle 8 alle 22.30, nei nove seggi istituiti al ghetto e un po’ in tutta la capitale, Ostia compresa. Pacifici osserva, ma non in modo distaccato. La sua storica lista “Per Israele” candida alla presidenza Ruth Dureghello, attuale assessore alla scuola ed erede designata. Ma le elezioni della Comunità non sono mai semplici e scontate. A sfidarla sono in tre. Da “destra” – per usare una terminologia politica, per quanto impropria – Fiamma Nirenstein, giornalista ed ex parlamentare del PdL, con la lista “Israele siamo noi”. Nelle previsioni della vigilia avrebbe dovuto appoggiare Pacifici. Da “sinistra” un’altra donna, Claudia Fellus, con la lista di sole donne “Binah” . Unico uomo in lizza Maurizio Tagliacozzo, con la lista “Menorah”. Difficile fare previsioni. Facile immaginare una ampia partecipazione al voto in un momento di passaggio storico, ed anche di apparente risorgente antisemitismo che preoccupa gli ebrei romani, e non solo loro. Tra l’altro per essere certa di eleggere presidente il proprio candidato, una lista deve raccogliere almeno il 45 per cento dei voti. Altrimenti si va alle alleanze in Consiglio, un parlamentino di 26 membri. E li tutto può accadere. Si vota anche per la Consulta, con dieci preferenze su una lista. Per il Consiglio solo 9 preferenze. Per i risultati si deve attendere lo scrutinio di lunedì.