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Il bikini dello scandalo. Parte dal Sussex la rivolta moralista contro il Rettore della Sapienza

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Probabilmente non se l’aspettava, il Magnifico. Ingenuo. Come poteva Eugenio Gaudio, Rettore della Sapienza, non sapere quale putiferio sarebbe scoppiato per quella paletta alzata? Era il 6 maggio, sera. E che ti fa il Rettore? Va al Billions, non per divertirsi, come sarebbe lecito, ma come giurato. Giurato di un concorso di bellezza particolare, tra i tanti, che si svolge da qualche anno. Si tratta di scegliere, dando i voti con la paletta, appunto, senza registrarli sul libretto, “Miss Università 2015, la studentessa più bella e sapiente degli atenei italiani”. Per la cronaca la Miss sarà romana, studentessa di Scienze Biologiche a Tor Vergata, 19 anni, in regola con gli esami: Valeria Belvedere. La serata di conclude. Applausi di rito e tutti a casa. Almeno così sperava l’ingenuo Rettore, ignaro di che cosa l’aspettasse dietro l’angolo.
Non proprio dietro l’angolo, in realtà. Falmer è una ridente – come si esprimevano le guide di una volta – cittadina inglese, dove nel 1960 per decreto reale viene istituita l’Università del Sussex. Università dove insegna una valente economista italiana, un cervello esportato, ma evidentemente attentissimo alle povere cose di casa nostra, Mariana Mazzucato. Forse da Roma qualche collega le telefona indignato. Sta di fatto che l’indignazione monta sul web. Lei scrive un appello sul sito Change.org. Come si è permesso il Magnifico di avallare una iniziativa così becera? Minimo deve chiedere scusa e dichiarare che non lo farà più. Pentirsi, insomma… Le più esagitate ne invocano le dimissioni… Le firme hanno superato quota 550, tutte di autorevoli docenti italiane, impegnate in patria e all’estero.
Si dirà che ciascuno può fare ciò che vuole, il Rettore il giurato, le prof le indignate. Vero. Ma è interessante leggere questo passaggio dell’appello, riportato dal quotidiano La Repubblica con dignità di prima pagina. Eccolo: “L’Universita’, caro Rettore, non serve solo a distribuire certificati con titoli di studio, ma anche a fornire modelli culturali, intellettuale professionali alle nuove generazioni”. Roba da Stato etico di gentiliana memoria, o da polizia religiosa iraniana. Che sottende un evidente pregiudizio classista. I concorsi di bellezza li facciano pure le ragazze qualunque, impiegate, sciampiste… Ma non si mettano in bikini le studentesse, quelle che un giorno potrebbero guidare autorevolmente la società. L’abito non fa il monaco, ma un bikini e un titolo di Miss fa una scostumata, dicevano le nonne.
Già, il bikini. Ma l’ingenuo Rettore non ricorda che scandalo quando a Parigi, nel luglio 1946, Louis Reard lanciò il due pezzi, una bomba di poca stoffa ispirata agli esperimenti nucleari? Non ricorda il moralismo contro la Brigitte Bardot “offerta” al pubblico da Roger Vadim in “Et Dieu crea la femme”? E le critiche a Piero Focaccia per la copertina scollacciata dal singolo balneare “Stessa spiaggia stesso mare”? Avrà pensato, ingenuo, al dopo. All’evolversi del costume. Al ruolo del bikini, della minigonna, dei reggiseni bruciati, poi del monokini, nella liberazione della donna. Avrà pensato al Sessantotto, all’amore libero… Stagioni archiviate, caro Rettore Gaudio. Dal Sussex arrivano gli strali del nuovo perbenismo, gonne lunghe e pedalare care studentesse… E anche un po’ di velo non ci starebbe male… Ma lei non se la prenda. E soprattutto non se la prenda Valeria Belvedere. Non si preoccupi, non è una strega.