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Occhiali neri: un sole che non abbaglia

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Gli amanti del maestro dell’orrore resteranno delusi dall’ultimo lungometraggio di Dario Argento, Occhiali Neri.
Il film si apre con un’eclissi solare, anticipando così la cecità che toccherà alla protagonista della storia. Sopravvissuta ad un incidente stradale causato da un serial killer che si aggira per Roma con un unico bersaglio, giovani prostitute, Diana si ritrova a fare i conti con una solitudine schiacciante, alleviata solo dal suo cane guida, l’assistente sociale e l’unico altro sopravvissuto al tentato omicidio: un bambino di origini cinesi.
L’inseguimento in macchina è forse l’unica scena a ricordarci la firma d’autore.
I più appassionati del genere ripenseranno certamente all’uomo cieco di Suspiria, anch’esso accompagnato dal pastore tedesco, che, però, stregato, finirà per essere l’assassino stesso del suo padrone. Troviamo una dinamica ben diversa in questo horror segnato dal contrasto tra il giorno e la notte: il sole d’agosto e il buio delle campagne romane.
Non bisogna mai aspettarsi grandi introspezioni psicologiche da parte di questo genere particolare, bisogna però ammettere che i personaggi vengono delineati appena e mancano di sostanza. La cura nei dettagli, gli interni, la fotografia e le luci non sono all’altezza della filmografia precedente.
Nonostante la tematica sia dolorosamente attuale e necessiti spazio e attenzione dal cinema come da tutte le arti in generale, la sceneggiatura è debole e priva delle accortezze che tengono insieme la finzione narrativa.
La fine ci ruba un sorriso commosso. L’inquadratura sul tabellone dell’aeroporto rievoca l’incipit del capolavoro già citato, Suspiria, come a voler chiudere il cerchio e a lasciare quasi un testamento per un nuovo inizio, un nuovo volo.