Sono ore di trepidazioni in Campidoglio. La partita si gioca sul filo del rasoio, alla ricerca del numero necessario (25) per porre fine alla legislatura Marino. Perché se in casa Pd il problema non si pone, il punto è capire se le opposizioni giocheranno la stessa partita.
“E’ morta la democrazia”, recita un cartello affisso sulla porta della sede dei gruppi consiliari in via del Tritone, dove sono appena arrivati i consiglieri Pd per una riunione sulla questione delle dimissioni. Ad affiggerlo sarebbero stati sostenitori di Sel, che al momento sarebbero contrari alle dimissioni di massa.
“Sono disponibile alle dimissioni, lascio la poltrona”, afferma il consigliere comunale Roberto Cantiani (Capogruppo Gruppo Misto, prima vice coordinatore Pdl)”. “Penso che ci siano le 25 firme. I nomi li so, ma andateveli a cercare” riferisce ai giornalisti Marco Pomarici di ‘Noi con Salvini’ uscendo dal via del Tritone a Roma. A mano sventola la sua lettera di dimissioni, indirizzata alla segreteria generale.
In realtà poi non è così sicuro: Alessandro Onorato, della lista Marchini, ha puntualizzato: “Io non mi dimetto adesso, ci siamo già autosospesi a giugno”. Sicura invece la presidente dell’Assemblea capitolina Valeria Baglio, che afferma: “Vado a firmare le dimissioni”. A quanto pare il gruppo sta firmando le dimissioni in massa.
Marino, da parte sua, si difende in questo modo: “Le questioni che riguardano la politica è giusto che le risolva la politica. Mi chiedo perché, di fronte a un sindaco che chiede ostinatamente e orgogliosamente un confronto nell’aula deputata alla democrazia, le forze politiche utilizzano ogni strumento possibile, anche lo strumento burocratico delle dimissione, per impedire un confronto democratico dove ci si guarda negli occhi”.
Ma sono in tanti ormai ad avergli girato le spalle, a partire dall’assessore dimissionario ai Trasporti del Comune di Roma Stefano Esposito, che su twitter scrive: dopo aver saputo che Ignazio Marino è indagato “devo prendere atto di aver dato mia lealtà ad un bugiardo. #vergogna”.