Corrida, sì o no? E’ quanto ci si è chiesti in tutta Spagna dopo la vittoria elettorale di maggio scorso della sinistra di Podemos. Gli indignados la vogliono abolire e hanno deciso di tagliare i finanziamenti, per destinarli ad altri scopi pubblici.
Sono molte le città spagnole che stanno seguendo quanto già fatto a Barcellona, dove la corrida è proibita dal 2011. Il sindaco di Madrid, Manuela Carmena, ha dichiarato che non userà più neanche un euro dei soldi pubblici nelle arene della capitale. Valencia ha bloccato le sovvenzioni alla fiera di luglio, mentre Saragozza ha vietato uno dei famosi “encierros”, festa in cui vengono legati dei fuochi d’artificio alle corna dei tori. Alicante, dopo aver sostituito la corsa dei tori con un più rilassante giro in bicicletta, vuole fare un passo ulteriore e convocare un referendum per abolire definitivamente la lotta tra toro e torero.
Decisioni, queste, accolte dal mondo animalista con molto entusiasmo ma che, al contempo, ha messo sul piede di guerra tutti quelli che vedono in questo spettacolo una delle più grandi espressione d’arte della nazione spagnola. Un’usanza secolare, elogiata da illustri scrittori come Hemingway nella sua “Morte nel pomeriggio” o da Nogales, che ha dedicato uno dei suoi libri più belli del Novecento a uno dei toreri più importanti, “Juan Belmonte, matador de toros”. Una tradizione, quella della corrida, che anche Mariano Rajoy ha voluto proteggere quando, nel 2013, l’ha dichiarata “patrimonio culturale spagnolo”.
Victoria Pifarre