Alessandro Vellaccio
E iniziata la quinta edizione per Interscenario: progetto che segue la cadenza biennale del Premio Scenario, presentando la Generazione Scenario, ossia gli spettacoli vincitori e segnalati dall’ ultima edizione del concorso, insieme ai due spettacoli vincitori ex aequo del Premio Scenario infanzia 2014. Ideato e realizzato dai tre soci di Scenario del territorio bolognese, Centro La Soffitta, Compagnia del Teatro dell’ Argine, Teatri di Vita, in collaborazione con il Teatro Laura Betti di Casalecchio di Reno, il progetto mette in rete quattro teatri con un percorso di sei spettacoli.
Interscenario comincia a La soffitta, sotto la direzione artistica di Cristina Valenti, con lo spettacolo “Pisci è Paranza”. In scena cinque attori che si muovono come i pesci in un acquario, in una stazione immaginaria.”Piccole figure senza qualità se non quella di essere umane. Umanamente vivono l’ emarginazione, umanamente ne generano altrettanta. Tanto essi subiscono lo sguardo schifato del mondo di fuori, tanto lo rigurgitano nel microcosmo che compongono.” Motiva la giuria di Scenario. Uno spettacolo recitato efficacemente tutto in dialetto, quello campano, in un format comprensibile al pubblico.
La stazione potrebbe essere quella di Salerno o quella di Avellino: un luogo di transito diventa limbo di esistenze ugualmente perdute e marginali. Rifiutati da una società che non li tutela nè riconosce sono persone che lottano tutti i giorni per sopravvivere. Tra di loro si alternano nello spettacolo momenti di solidarietà e di lotta che altro non è che una guerra tra poveri. Lo spazio conteso è il marciapiede, abitato da tre personaggi della stessa famiglia, una coppia ed il fratello down, un gigante buono che alla fine si dimostrerà essere il più intuitivo e trascendente dei cinque, a cui si aggiunge un’ altra coppia: lei incinta e per strada, lui laureato ma senza lavoro. Superata la diffidenza iniziale, si mescolano le due famiglie: l’ unico a restare escluso in un gioco di superiorità-inferiorità è il fratello down che a metà spettacolo decide di lasciare il gruppo. Le due donne lo pregano di restare e di prendere parte al gioco che si trasorma in un ballo intorna ad una bottiglia di vino. Il gioco diventa una trappola criminale nei confronti del fratello che viene deriso e sbeffeggiatto da tutti i danzanti. Portato all’ esasperazione e a una crisi esistenziale di fronte all’ egoismo e alla mancanza di amore dei suoi famigliari che non lo comprendono, il vino passerà infine per le sue mani e in un sol sorso lo porterà alla morte. Gli ultimi minuti sono l’ esplosione della drammaticità e della desolazione che questo spettacolo porta con sè dall’ inizio, alternando con pause di ironia e ilarità. Interamente girato in una penombra che rappresenta la cecità della società e del pubblico, nella scena finale, con la morte del fratello buono, due luci dal fondo del palcoscenico illumineranno, quasi accecandolo, il pubblico; invertendosi la relazione di sguardi e giudizi: da spettaori si diventa cittadini consapevoli. Gli attori sono in continuo movimento, come i pesci appunto, e quando si fermano lo fanno in posa, creando scengrofie alchimicamente efficaci. Uno spettacolo a cura di Mario de Masi, attore, che muove i suoi primi passi da regista e che dopo la continua ricerca di una forma di teatro essenziale scrive e dirige il suo primo lavoro, Pisci è paranza.