Follower di Pietro Dattola con Flavia Germana de Lipsis, un monologo distopico e non così irreale in programmazione al Teatro Studio Uno dal 20 al 30 Aprile prossimo.
Lo spettacolo qui presentato dall’ accorto autore analizza una società non molto lontana in cui una app chiamata Follower da la possibilità ai diversi navigatori in rete di essere seguiti nel corso della giornata da altri utenti – iscritti alla piattaforma; quello che l’utente – registrato come seguibile -saprà sarà se in un determinato momento della giornata sarà presente qualcuno nelle vicinanze ad osservarlo, senza sapere chi o come.
In questo mondo una donna, Nina, viene contattata per un colloquio di lavoro da un’agenzia di comunicazione – il cui lavoro si esplica nel sostituirsi e nel consigliare ai clienti le migliori strategie per rotture, adii, divorzi e separazioni; per essere assunta Nina deve rendersi seguibile su Follower, avvicinandosi così a quel mondo teorizzato da Dave Eggers nel suo Il Cerchio.
Il social network consigliato dall’agenzia alla candidata, è lo stesso attraverso cui poco tempo prima, Nina, aveva incontrato un uomo, Pietro, con cui aveva iniziato una relazione ormai finita per lui, e ancora fortemente presente per lei.
In questo mondo la socialità si costruisce sull’anonimia, sulla lontananza e sull’assenza di responsabilità implicante il contatto, la relazione con sé e con l’altro diviene un qualcosa di molto più che liquida, come postulato da Bauman, fino a divenire aeriforme; in questa distopia la fragilità individuale non ha limite né possibilità di essere contenuta e integrata, poiché ogni stimolo, ogni contatto, ogni interesse nei nostri confronti può portare il volto di mille facce diverse, quelle di coloro che decidono di seguirci e di cui non conosciamo l’identità.
Inizia così un dramma, che ha in sé il sentire della tragedia, Nina rivede Pietro in ogni possibile like anonimo, e in ogni persona che la segue, di cui non conosce il volto; entrando in un vortice destrutturante che non lascerà spazio ad una possibile via d’uscita.
La critica che qui Pietro Dottola porta è molto interessante, quanto contemporaneamente incidente, la permeabilità della realtà ai Social Network, l’influenza che questi hanno nella socialità reale conduce ad una sovrapposizione, o/e ad una schizofrenia, del piano reale su quello virtuale – reale allo stesso tempo nel mondo esperienziale che va scomponendosi in un quadro picassiano, in questo sono perse le coordinate di spaziotempo, l’incontro, la conoscenza, il contatto diretto con l’altro – fino a qualche anno fa elementi essenziali nella relazione – oggi sostituiti da socialità sempre più virtuali, anonime e plastiche.
La validità scenica di Flavia Germana de Lipsis, consente allo spettatore di addentrarsi nelle logiche del mondo virtuale, e nelle sue psicosi condivise, trovando sul palco un’ottima interprete dalla potenza evocativa ed espressiva di cui poche. La destrezza con la quale l’interprete si addentra ed esce dai mondi individuali, succedutisi nel monologo, permette allo scritto di Dottola di apparire come denso, emozionalmente disturbante a tratti, molteplice nelle sue configurazioni e conseguenze; un ulteriore appunto sulla bravura dell’attrice capace di integrare nel monologo accadimenti dati dalle circostanze – come il black out nella zona, nel corso dello spettacolo – e non preventivati, la cui casualità non sarà notata dai presenti che anzi ne godranno nel corso del monologo come di accorti escamotage preventivati e voluti.