E’ buio pesto. Si apre il sipario. Tutt’un tratto un bagliore di luce rossa scalda gli occhi, restaurando il senso di fiducia tra la vista e il mondo dato. Si, quel senso pugnalato a causa della contingenza che il buio ci pone, con le conseguenziali paure ed enigmi. Da tutto ciò emerge il rosso, il colore della vitalità la stessa che muove il dramma di matrice shakespeariana. E’, infatti, assieme ad una scenografia coinvolgente montata a immagine delle lotte interiori, l’elemento sovrannaturale a muovere le vicende, lavorando come un burattinaio, in questo caso burattinaia, sulle pedine immerse nella scena. La vecchia è un fantasma o frutto dell’immaginazione? Insomma, è reale? Se nell’Amleto non accade nulla perchè il fantasma muove e dice tutto già ad inizio tragedia, qui invece la vecchia non parla mai, lascia che gli eventi scorrano con lei in ombra che manovra per poi, decidere arbitrariamente quando bloccare definitivamente il seguersi degli eventi. Due coppie, una sposata, l’altra no. L’immagine sovrannaturale fa tornare in mente le paure e le angosce generando un intreccio romantico e passionale, fatto di crisi di coppia e tradimenti. Ed è in questo che emerge il significato più nobile del dramma: la moralità è uno stereotipo?
Se si, allora la vecchia, è un monito, è la naturalità piuttosto che una soprannaturalità, è la realtà data e incontrovertibile. Se no, invece, non ci sono regole morali da seguire e sarebbe un errore seguirle in quanto rallenterebbe verso il progresso etico che ha alla base la ricerca della felicità. Ecco, quindi di conseguenza le domande sull’alterità, che mettono in crisi le coppie. Lui, si sente svincolato da morali, a volte dice di sentirsi un po’ donna e non trova un male il suo lato femminile, lei, Greta del resto lo ama e accetta che sia cosi’, lei è forte, ma fino a quando? Per lei le visioni della vecchia e l’amicizia con i vicini diventano traumi di stress che le permettono di aprire la mente rispetto a come era abituata a vedere il compagno ormai chiuso in se stesso e che non la guarda più nei suoi bisogni. L’ombra intercede e fa nascere guerre di gelosia tra gli uomini delle due coppie di vicini, per via delle visioni trascendenti delle rispettive compagne; visioni che le faranno impazzire. La stessa guerra che riguarda chi crede che la morale sia un dato ,e di conseguenza vive la vita come un “carpe diem”, e chi invece si ribella al presunto ordine dato. Altruismo o egoismo? Lui ateo convinto alla fine è costretto a cedere al potere della strana visione della vecchia e a cambiare per il bene della sua compagna nei lati meno stereotipizzati che aveva. La conoscenza puo’ continuare, l’amore è salvato dai pericoli del mondo. Ma la vittoria del trascendente, della figura, è la vittoria dell’altruismo, non è la vittoria degli sterotipi morali, no, assolutamente; è il trascendente che ci dice che la vita non è inseguimento, frenesia, ma vitalità, come quella contenuta nel rosso ad inizio dramma. Insomma, lo stesso Dio, nostro rifugio mentale dalle paure attraverso le immaginazioni, che ci dice che lui non è la soluzione, ma che bensi’ le morali vanno e vengono dando la frenesia per donarsi agli altri e, ottenere e vivere, una vita felice e priva di paure riguardo alla diversità. Paravidino ci offre la vittoria della vita attraverso una elevazione della nostra vita terrena, intrecciando amore e altruismo con paure e tradimenti dietro l’angolo. Un dramma riuscito. Il sovrannaturale ci sussurra che il cambiamento è l’arma contro le nostre paure, contro i nostri enigmi e, l’ignoto stesso di un fantasma che ci mette di fronte alla mancanza di pali cui aggrapparsi; cambiare infinite volte come se una conoscenza non abbia mai fine perchè ci sono persone che non si finisce mai di conoscere e riconoscere.
Nicola Di Lisa