Home oltre Roma L’Elfo di Puccini si confronta con la storia di Alfredino

L’Elfo di Puccini si confronta con la storia di Alfredino

319

Dal 21 al 25 giugno va in scena, presso il Teatro Elfo Puccini di Milano Alfredino di e con Fabio Banfo. Lo spettacolo – secondo appuntamento di NUOVE STORIE 2021, rassegna dedicata quest’anno al tema ‘Diritto di cronaca’ –  è al contempo narrazione e rappresentazione, cronaca giornalistica e poesia. A quarant’anni esatti dalla tragedia, la vicenda ci appare  come lo specchio dell’Italia degli anni ’80 e al contempo il ricordo commosso di un bambino che tutti credevano che si sarebbe salvato.

Alfredino racconta la tragica vicenda del piccolo Alfredo Rampi, precipitato il 10 giugno 1981 in un pozzo artesiano di 80 metri nelle campagne di Vermicino, e dei disperati tentativi di salvarlo nei tre giorni successivi. Una storia che ha sconvolto l’intero Paese con la prima diretta televisiva non stop a reti unificate a coprire un caso di cronaca, un evento mediatico che avrebbe dovuto documentare una storia a lieto fine e che alla fine si è trasformato in uno shock collettivo nazionale.

“Sono nato nello stesso anno di Alfredino. Il 1975. L’anno della morte di Pier Paolo Pasolini. Il poeta con cui ho iniziato ad amare la poesia, l’impegno civile. Il poeta che ha cantato le periferie romane, le borgate, e che ha profetizzato pochi anni prima di Vermicino, il ruolo che avrebbe avuto la televisione nella dissoluzione della cultura popolare italiana.
Ho cercato di trattare questa vicenda con la massima sensibilità, partendo dalla mia identificazione di bambino e dall’idea che se non fosse caduto in quel pozzo, Alfredino, avrebbe fatto un cammino parallelo al mio, ascoltando la stessa musica, vivendo le stesse esperienze. Ho cercato di curare un poco il dolore con la poesia. Di riportarlo in vita, attraverso di me, con me. Era tutto quello che potevo fare per lui”.
Fabio Banfo

Il primo giornalista accorso sul posto, il venditore di panini che ha lucrato sulla folla accorsa a Vermicino, il presidente Pertini, i robot Mazinga e Goldrake, di cui Alfredino era appassionato, il vigile che per ore ha parlato con lui per cercare di rassicurarlo e infondergli speranza, descrivendogli le trivelle che scavavano un pozzo parallelo a quello in cui era caduto, e che lo terrorizzavano con le loro vibrazioni ed il loro rumore, come se fossero i suoi robot preferiti. E poi Angelo Licheri, scelto per il suo corpo minuto per calarsi in quel pozzo infernale, e che rimase quaranta minuti appeso a testa in giù, a tentare inutilmente di imbracare il bambino e salvarlo. Ma il personaggio centrale è Alfredino, quel bambino perduto, come fosse l’anima dell’Italia, inghiottita dal buio, perduta per sempre, per sempre incastonata in un diamante, come il blocco di ghiaccio azotato in cui fu conservato il suo corpo, prima di recuperarlo dalla tenebra in cui è venuto a mancare a noi tutti.