Home oltre Roma “Siete tutti sordi,ciechi e muti”. Una banda di storpi racconta Pinter!

“Siete tutti sordi,ciechi e muti”. Una banda di storpi racconta Pinter!

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Capita meno volte di rimanerne colpiti da uno spettacolo. Capita ancora meno di esserne profondamente coinvolti e toccati.

Pinter. Atti unici è uno di questi rari casi. Lo spettacolo, in scena al Teatro delle Passioni di Modena fino al 20 marzo, è dimostrazione di come spesso basti la semplicità di una scenografia essenziale per spalleggiare attori dall’anima grande e aperta. E questi attori la hanno più che mai: si tratta infatti della compagnia di pazienti psichiatrici dell’associazione Arte e Salute Onlus, sostenuti e diretti da Nanni Garella. Il progetto, che ha già ottenuto in passato numerosi riconoscimenti importanti, è un modo di ricordarsi di come forse in fondo siamo un po’ tutti malati dentro. Tutti abbiamo le nostre sofferenze, insicurezze e insensatezze esistenziali, e Harold Pinter è l’autore perfetto per rappresentarle e indagarle nella loro assurdità e complessità.

Nel primo atto Una specie d’Alaska, la protagonista è dispersa nel mare dei ricordi che si commissionano e si sovrappongono a causa dei 15 anni di sonno/paralisi fisica che l’hanno tenuta fuori dal mondo reale e costretta a ballare in uno spazio piccolissimo, quello della sua mente.

In La stanza il quadretto familiare perfetto, bello e accogliente dei signori Hudd, simboleggiato dalla loro stanza,  viene spezzato dalla presenza sempre più invadente delle vite altrui: il padrone di casa, i misteriosi abitanti del seminterrato, la visita a sorpresa di uno sconosciuto che sconosciuto non è.. Tutto quello che sembrava chiaro non lo è più, il carattere mite della signora Hudd forse non lo è così tanto (“Sei cieco, non vorrei conoscerti nemmeno per sputarti addosso!”) e molte domande restano aleggianti nell’aria, irrisolte o forse irrisolvibili.

Nel terzo quadro, Una serata fuori, è il rapporto di dipendenza tra madre e figlio ad essere indagato. Così possessivo, totalizzante e malato diventa causa di straniamento e di incapacità di relazione con il mondo per Albert che vuole sfuggirne, ma alla fine ne resta sempre ancorato.

La sensazione che lo spettacolo dona è quella di aver assistito all’interpretazione per eccellenza dell’Opera pinteriana, al compimento scenico della sua drammaturgia del quotidiano. Questo perché gli attori  portano sul palco pezzi della loro vita, sensazioni a loro familiari, instabilità a loro terribilmente note.  Il teatro si fa dunque -qui e sempre- strumento di superamento dell’emarginazione, del dolore e di quel senso di solitudine che affligge l’uomo. Una lotta contro il mondo intero che i pazienti/attori qui coinvolti hanno il vantaggio di aver individuato e affrontato, mentre noi ne siamo ancora vittime inconsapevoli.

 

Giulia Zanichelli