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Twister: il gioco delle parti

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Twister gioco di società nato dai passi della generazione cresciuta negli anni ’60 è rimasto un compagno di serata e svago per tutte le generazioni successive, le regole del gioco portano i giocatori su un piano con diversi tondi colorati, dove dovranno poggiare parti del loro corpo in relazione alla scelta casuale di una freccia.

La partita condurrà i diversi attori sociali verso un intreccio sempre più difficoltoso, l’abilità sarà allora quella del non perdere l’equilibrio rimanendo nello spazio a noi destinato.

Distanza… braccia intorno ad un ginocchio, vicinanza, schiena su pancia, imbarazzo, distanza, gioco solitario… desiderio, incontro, viso sulle gambe… palpitazioni, stretta, rossore…

Questo passatempo ha rivisitato e visto il gioco dell’incontro tra i corpi, incontro che qui viene ripreso e reso arte dalla capacità di vedere in danza di Salvo Lombardo.

La nascita di questo secondo Twister si sviluppa, nell’incontro per il Fabbrica Europa Festival, della compagnia di danza contemporanea Aura Dance Theatre con il gruppo di lavoro Chiasma, condotto per l’appunto da Lombardo, il loro incontro da luce a  40 minuti di pura analisi microsociologica in cui la dinamica relazionale viene esplorata nelle sue singole interazioni, nei processi e nelle strutture.

Lo spettatore trova disposti sul palco sei ballerini, quattro donne e due uomini, messi l’uno di fronte all’altro in due file da tre, si parte con uno scontro frontale, un sé – l’altro, un io – tu in cui ancora non è presente l’incontro.

Un giocatore alla volte rompe le fila, invade lo spazio, lo riempie delle sue qualità; torna al suo posto, ed è il turno di un altro, che si fa avanti, esplora, si fa presenza, nel fino ad allora, assente spazio, e torna al suo posto…

Via via nella logica del gioco gli attori sociali iniziano ad avvicinarsi, notarsi, incontrarsi su un tappeto immaginativo in cui Twister diviene lo sfondo per l’esplorazione dello spazio come teatro delle possibilità nelle relazioni con l’altro.

La vicinanza la distanza sono qui luoghi non luoghi in cui il nostro corpo biografico incontra quello dell’altro, le musiche curate da Fabrizio Alviti con il loro ritmo sincopato, a tratti oltre i 100 bpm, il disegno luci, con la sua fissità e le sue intermittenze, curate da Luca Giovagnoli rendono la scena un luogo conturbante in cui si raccolgono movimenti estemporanei, ritmi sostenuti, espressioni intime, contatti sognati e curati da film amorevoli.

Allo stesso tempo,  a tratti, l’umorismo con il quale sono trattate le relazioni e l’estraneità del passo dal tipo di musica sottostante rendono Twister una metafora ipnotica da cui lo spettatore non riesce né vuole estraniarsi, colui che guarda viene catapultato in un mondo particolare quasi surreale in cui si alternano passi di danze quali l’Alligalli e movimenti legati alla scena deep, elettronica, techno, underground.

Le quattro interpreti e i due ballerini riescono perfettamente a vivere questa dimensione, assecondando il ritmo sincopato dato dalla musica e dalle luci, un ritmo sostenuto che non scende mai di livello nell’arco di questi 40 minuti di puro spettacolo, i costumi fanno il gioco dell’arte, le loro tute, i colori con cui l’uno rispecchia l’altro, bianco rosso grigio…. ricordano le posizioni del gioco e allo stesso tempo rendono i protagonisti fili in equilibrio nella tela dello spazio.

Ogni movimento viene studiato e la relazione tra le strutture dinamiche  è ciò che rende assurdo in maniera idilliaca quest’opera; sono presenti movimenti scomposti in sé, e allo stesso tempo profondamente composti nella relazione con l’altro.  Le variazioni della danza incontrano le possibilità del rapporto a due, a tre, di gruppo cambiando il loro senso in ciò che i corpi nello spazio e nel tempo vedono, sperimentano, mostrano nelle espressioni del corpo, nella loro chiusura, apertura, tensione e distensione.

Vediamo al Teatro India un incontro: quello dell’Arte con la Danza in una rappresentazione che sa di gioco e maestria, nell’analisi del tessuto relazionale odierno come passato, nel significato di un gesto, di un corpo che si libera in sé e si mostra o vela nell’incontro con l’altro.