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La violenza della tenerezza materna: Three billboards outside Ebbing di Martin McDonagh

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Three Billboards outside Ebbing è una dark tragicommedia firmata dal regista rivelazione Martin McDonagh. Racconta la storia degli Stati Uniti più sporchi, ma anche della tenerezza e delle sue inaspettate sfaccettature, come quella di un amore materno violento, urlato, scritto a caratteri cubitali su dei cartelli in disuso appena fuori la piccola cittadina di Ebbing nel Missouri.

La vendetta di una madre che sembra quasi la trama di una tragedia greca, la annosa questione della lotta fra la legge dello stato e la legge morale, l’impossibilità di accettare il regolare corso degli eventi davanti ad una ferita tanto lacerante. Così, Francis Mc Dormagh ritorna alla carica con un ruolo perfettamente nelle sue corde, una donna bruciata dalla vita, scorticata dalla realtà, ma combattente, sprezzante della delicatezza, che diventa un’Antigone dei nostri giorni, la cui storia, però, ha un epilogo differente. Perché la sua reazione è una presa di coscienza amara, ma lucida. La giustizia a cui arriva, per sé e per la figlia, è ragionevole e ragionata. Decisione finale sarà quella di lasciare affissi i cartelli, con il tacito consenso dello sceriffo accusato, un commovente Woody Harrelson, che ancora una volta si cuce addosso un personaggio pieno di sfumature che, con struggente ammissione di mancanza, riesce a vincere e a nobilitare le forze armate.

Il discorso del regista si inserisce in un dibattito ampiamente calcato, ma sempre attuale, da lui rinnovato con un’originale metacomunicazione: nel mondo contemporaneo la violenza nel figurativo è una necessità? La risposta del regista è ambigua, infatti, se da un lato esalta la potenza sovversiva delle immagini, dall’altro ne accentua la pericolosa forza istigatrice. Come ne La lettera scarlatta i colpevoli sono marchiati con le loro colpe e l’unica ed estrema soluzione sembra essere il fuoco, che purifica, ma soprattutto distrugge.

Martin McDonagh compie dunque un’operazione sottile: Consegnando un film di estrema raffinatezza, che ammicca continuamente a modelli autorevoli come la tragedia greca, le vendette bibliche, nel geniale personaggio principale si può ritrovare anche una Madre Courage brechtiana, indurita dalla perdita dei figli che cerca di inserirsi nella logica violenta del mondo che la circonda. Ma al tempo stesso il regista riveste la storia con una patina di intelligente ironia e la ambienta in una realtà che all’apparenza sembra quanto di più lontano dai sofismi da tragedia.

Ebbing diventa una città fantasma, un microcosmo post-apocalittico in cui la violenza regna sovrana, in cui i poliziotti applicano ancora la legge del taglione. Ma la disperazione di una madre riesce a squarciare il buio e a stampare a caratteri cubitali (caratteri neri, su fondo rosso) le parole della resistenza. Ciò che paradossalmente si verifica è un invito alla calma, alla pazienza, ma non all’arrendevolezza. Le anime perse di questa piccola Dite nel Missouri riescono a sciogliere i loro nodi attraverso la perseveranza.

Mila Di Giulio