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Elettra in punta di piedi

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Danza e classicità, è possibile legare insieme i due mondi. E lo ha fatto Giovanna Amarù che mette in scena “Canto Scuro”, il 12 Luglio nello spazio Antiquarium dell’Arco di Malborghetto, è la prima tappa del progetto di teatro danza intitolato “Trilogia della luce”; il percorso si articola attraverso tre diverse creazioni che ruotano intorno a tre temi centrali: il Nome per Canto Scuro; il Volto per “Being Back”; il Tempo per “Peau d’ame – Pelle d’anima”.

La danzatrice e coreografa Giovanna Amarù trae spunto dal dramma di Elettra per una rilettura in chiave onirica dell’incidenza significante costituita dal nome: alla luce distinguo le cose, separate, scolpite, nude, che portano un nome perché sono state nominate, il nome è questa luce che vedo e fu vista.
«Ho voluto riportare le cose al loro valore nominale – spiega Amarù -. Leggere il solo piano metaforico, quello che ricadendo fuori dall’oggetto da accesso all’intimo di questo Elettra è lo splendore, l’ambra gialla. La trasparenza di Elettra rivela l’opacità di Clitennestra, ne denuncia l’inerzia e l’impostura. Elettra è colei che si lascia attraversare, che riconosce e si autogenera, fuori di stirpe. Colei che al potere sostituisce la possibilità, come puro movimento. Elettra piange l’assenza del padre e del fratello, ma non attende e non accoglie, erigendosi a figura negativa della femminilità o come oltre/femminile. L’igloo, la casa impossibile di Merz, è la bolla chiusa dell’infanzia, indistruttibile come il giardino remoto di un gioco che fu».