Home eventi Gino Severini, cinquant’anni dopo

Gino Severini, cinquant’anni dopo

1693

Il 26 febbraio 1966 Gino Severini muore nella sua casa parigina al n. 11 di rue Schoelcher. La sua amata Parigi, dove aveva trascorso e lavorato quasi per tutta la vita non ospita però le sue spoglie. Qualche settimana dopo vengono traslate a Cortona, dov’era nato nel 1883. Probabilmente una giusta parabola per un pittore che ha segnato la modernità del Novecento, si trasferì giovanissimo prima a Roma e poi nella capitale francese, dove fervevano i movimenti artistici. Ma mai ha rinnegato la sua italianità. Con Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Massimo Campigli, Filippo De Pisis, René Paresce e Mario Tozzi, a Parigi faceva parte de Les Italiens, il gruppo di pittori che, seguite le tracce di Modigliani in Francia, era unito soprattutto dal nazionalismo. Fu tra i firmatari nel 1909 del Manifesto del futurismo scritto da Filippo Tommaso Marinetti In contatto con Pablo Picasso, Georges Braque, Juan Gris e Guillaume Apollinaire, passo’ dal cubismo al futurismo, al cubofuturismo, per approdare a un neoclassicismo metafisico. Influenzato da molti – compresi Boccioni e Carra’ – ha tuttavia espresso una forte e autonoma personalità artistica, anche aderendo al Novecento di Margherita Sarfatti. Nel secondo dopoguerra ripenso’ e reinterpreto’ il suo futurismo. Bellissimo, tra i tanti, Simboli del lavoro, dipinto creato su commissione dell’imprenditore e mecenate Giuseppe Verzocchi, che creò una collezione di opere dedicate al lavoro contemporaneo, poi donata al comune di Forlì. È conservata a Palazzo Romagnoli, scrigno di capolavori purtroppo poco noto e poco frequentato.