Si trasformi l’Inno alla Gioia di Beethoven in un quadro e non si rimanga indietro con l’immaginazione, quando i milioni si prosternano rabbrividendo nella polvere: così ci si potrà avvicinare al Dionisiaco.
Friedrich Nietzsche
Capire che cosa realmentente intendesse il filosofo tedesco – ne La nascita della tragedia – per spirito dionisiaco, contrapposto alla spirito apollineo – da una parte la volontà di potenza dall’altra la debolezza? – ha messo in crisi generazioni di studenti liceali. Non indaghiamo oltre. Un po’ per celia, ricordiamo che il 19 febbraio nella Grecia antica si festeggiava il dio Dionisio (Bacco a Roma) con tutte le baccanti di rito. E dietro i riti si celava il mistero.
Secondo lo storico delle religioni Mircea Eliade “Il Mistero era costituito dalla partecipazione delle baccanti all’epifania totale di Dioniso. I riti vengono celebrati di notte, lontano dalla città, sui monti e nelle foreste. Attraverso il sacrificio della vittima per squartamento (sparagmós) e la consumazione della carne cruda (omofagia) si realizza la comunione con il dio, perché gli animali fatti a brani e divorati sono epifanie, o incarnazioni, di Dioniso. Tutte le altre esperienze – la forza fisica eccezionale, l’invulnerabilità al fuoco e alle armi, i “prodigi” (l’acqua, il vino, il latte che scaturiscono dal suolo), la “dimestichezza” con i serpenti e i piccoli delle bestie feroci – sono resi possibili dall’entusiasmo, dall’identificazione con il dio. L’estasi dionisiaca significa anzitutto il superamento della condizione umana, la scoperta della liberazione totale, il raggiungimento di una libertà e di una spontaneità inaccessibili ai mortali”.