Dal 10 ottobre al 6 dicembre a Roma – al MACRO Testaccio – la sesta edizione della rassegna dedicata alle connessioni fra le nuove tecnologie e i linguaggi artistici contemporanei ideata e prodotta dalla Fondazione Romaeuropa come sezione hi-tech del Romaeuropa Festival, quest’anno al suo trentesimo anniversario. Undici opere dedicate alla luce abitano gli spazi de La Pelanda che si conferma anche quest’anno – informa una nota – spazio ideale per un vero e proprio festival nel festival, affiancando al percorso espositivo un serrato calendario di eventi e performance di musica, danza, elettronica e video. Naturale o artificiale, riflessa o assorbita, la luce interroga differenti ambiti disciplinari, dalla fisica quantistica alla religione e fino all’arte visiva. Nell’Anno Internazionale della Luce indetto dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con Digitalife – parte della programmazione del Light 2015 – Romaeuropa esplora l’utilizzo della luce attraverso le arti digitali. Sperimentali, ludiche, interattive, capaci di produrre immagini e paesaggi sorprendenti, le 11 opere in mostra trasformano lo spazio espositivo in una vera e propria scatola nera plasmata e disegnata dalla materia luminosa. In questo spazio tutto dedicato alle percezioni si collocano le 100 lastre di plexiglas attraversate da un fascio luminoso dell’opera di Nicolas Bernier, FREQUENCIES (LIGHT QUANTA), che grazie alla sua ritmica, sonora e luminosa, si fa lente di ingrandimento sulle particelle infinitesimali dei Quanti, e la teca di vetro sospesa a mezz’aria, riempita di fumo e attraversata da raggi luminosi, costruita da Martin Massier per la sua Boîte Noire: un tentativo di visualizzazione tridimensionale del suono attraverso l’interazione di luce ed elementi naturali primari. Ci conducono in Giappone le proiezioni luminose di Joanie Lemarcier che in Fuji (不死) costruisce un ambiente immersivo multisensoriale dove prende vita una visione poetica ispirata a una delle fiabe più rilevanti della cultura nipponica (Storia di un tagliabambù o Kaguya Hime no monagatari). É un paesaggio astratto quello creato da Pietro Pirelli (già a Digitalife 2014 con Arpa di Luce) per Idrofoni o Lampade Sensibili, fonti luminose che interagiscono con la limpidezza dell’acqua reagendo alla parola, al canto, al suono di uno strumento, oppure all’ambiente che le circonda, invece semplicemente respirando lo spettatore potrà alterare il processo di illuminazione delle tre gabbie in cui è invitato a entrare nell’opera di Alexandra Dementieva BREATHLESS. Ancora il soffio dei passanti sul microfono del proprio cellulare genererà una “tormenta” in grado di modificare i lineamenti dei protagonisti dell’opera Tourmente di Jean Dubois, mentre Maxime Damecour nella sua opera TemporAIR simula sorprendentemente l’effetto visivo della tecnica di montaggio cinematografico chiamata“jump-cut”, qui generata da luci stroboscopiche e movimenti programmati? Dal cinema espanso, ricostruito nello spazio attraverso la luce, all’arte video con la rassegna di video arte curata da Le Fresnoy, e il film The Lack di Masbedo, che racconta la condizione della donna nella contemporaneità Se Samuel St-Aubin con la serie di sculture cinetiche autonome De choses et d’autres riflette sull’imprevedibilità della natura, luce e robot diventano potentissimo connubio in Inferno, l’affascinante e oscura istallazione/performance robotica di Bill Vorn e Louis-Philippe Demers, coreografia di infernali esoscheletri che tra suoni e luci infliggono i loro movimenti agli spettatori invitati a indossarli. Sempre Demers è il creatore della performance The Blind Robot: due bracci meccanici, compresi di mani articolate, toccano delicatamente il volto del visitatore per restituirlo in forma di immagine Live set per trottole in plexiglass trasparente, infine, quello creato da Myriam Bleau nel suo Soft Revolvers: il giocattolo diviene vero e proprio strumento musicale per un concerto elettronico fuori dal comune.
Info, anche per gli altri eventi in corso: www.museomacro.org. www.romaeuropa.net