Pietro Babina torna a dirigere per Emilia Romagna Teatro Fondazione un suo lavoro, Alla voragine (Là dov’è l’ingresso, è anche l’uscita), il cui debutto, originariamente previsto a fine aprile 2020, arriva sul palco del Teatro Arena del Sole di Bologna da martedì 8 giugno a domenica 20.
Dopo Ritter, Dene, Voss di Thomas Bernhard nel 2015 e Il Libro di Giobbe scritto insieme a Emanuele Aldrovandi nel 2017, il regista, autore e artista visivo presenta ora un suo testo: una riflessione sulla nascita e la morte, su quell’attraversamento del mondo che ognuno di noi è chiamato a compiere, nel tempo destinato.
In scena un dialogo tra due personaggi, lo stesso Pietro Babina e l’attrice Tamara Balducci, per raccontare la storia di un uomo (ma potrebbe anche essere una donna), un essere per il quale sopravvivere è impossibile.
Quelli di cui parlano sono forse esseri umani non spiccatamente umani, come se fossero rimasti in qualche modo, in qualche parte, animali. Privati della loro vita specifica, del loro spirito selvatico, non riescono più ad essere e lentamente muoiono. A volte però il loro corpo si ostina a resistere e comincia così un cammino inconscio ma tenace, una ricerca inevitabile, per completare il processo che conduce all’”estinzione”: come se si aprisse una voragine, un gorgo divoratore.
Una continua lotta tra lo spirito di sopravvivenza, la speranza e il pensiero della fine.
Note di regia di Pietro Babina
Ora ti stai domandando: “Ma cosa appare sulla scena? Cosa si vede? Che parole vengono dette?”
Appare una stanza. Si vedono, non più di due persone per volta. Parlano. Evocano una perdita incolmabile. Cercano di porvi rimedio.
Ti domandi ora: “E ci riescono?”
Certo, poiché qualunque cosa accada, qualunque piega prendano i fatti, si giungerà al finale. Questo è il solo e inesorabile rimedio, concesso a qualunque racconto, anche al più astratto, anche al più visionario, anche al più realistico. Ma tutto ciò che appare, tutto ciò che si vede, ogni parola, è l’emblema di un’altra narrazione, criptata nelle cose quotidiane, inscritta nei gesti inconsapevoli, riflessa nelle parole che creano frasi. Due persone parlano d’amore ma intendono la morte. Due persone parlano di disperazione ma intendono vita. Due persone si guardano negli occhi e vedono tutto il mondo. Due persone parlano di fine ed è solo un inizio.
Siamo stati chiamati nel mondo.
Entrati per una voragine.
Nessuno di noi sa perché.
Non ostante questo, lottiamo per rimanere.
Qualcuno in modo generico.
Qualcuno in modo specifico.
I secondi vivono più forte.
Ma in un equilibrio più fragile.
La loro lotta ha un fuoco preciso.
Che concentra la forza vitale,
Come i raggi del sole attraverso una lente.
Ma una volta perduto quel fuoco,
Per compimento o per fato,
La voragine si riapre.
Li richiama all’origine.
E non vi è nulla da fare.
Come, misteriosamente,
Sono stati chiamati nel mondo,
E hanno obbedito,
Così, vengono ora chiamati al non mondo,
e ubbidiranno.
Per una voragine sono entrati.
Per una voragine usciranno.