Debutta dal 4 al 9 febbraio, sul palcoscenico dello Spazio 18b, MUNNE – ‘O MUNNO DIFFERENTE, spettacolo scritto e diretto da Marzia Ercolani.
Un futuro prossimo in una piccola discarica metropolitana, un’ordinaria oasi di immondizia. Due esseri giacciono a terra, come angeli caduti, un folletto malato, una madonna decadente. Vivono in un anfratto, il loro tempio di macerie e spazzatura. Dimenticati da tutti, attendono che il mondo dia ancora qualche segnale. Da tempo non arriva nulla, nemmeno l’immondizia. L’ultimo ricordo del mondo li ossessiona, il calendario della raccolta differenziata il loro rosario. Giornate fatte di plastica, di vetro, di carta, di umido. Un’attesa infinita, di solitudine e dolore per lei, di speranza e gioco per lui. In questo eterno stallo arriva il momento di far emergere un nuovo mondo dalla spazzatura che lo affossa. Il momento di lasciar vivere i sogni covati da sempre, il momento di prendere coraggio, di riciclare i propri resti, le ferite, il letame, per farne il frutto della propria rinascita. Arriva il momento di smuovere le macerie, di usarle per costruire la via verso un mondo differente, verso un cranio di luce, verso un libero cambiamento interiore. Verso i cieli del di dentro, come insegna quel cranio di brace che fu Antonin Artaud.
Che fine hanno fatto la cura e l’attenzione per la sacralità del mondo? Quale il domani della madre terra? Quale il destino delle cose minute? Dove volerà la purezza, dove la saggezza dello spirito infantile? Che respiro avrà domani l’atto creativo, il gioco?
Una riflessione sulla bellezza delle piccole cose, sulla vita che si nasconde tra i resti, tra le macerie, tra i residui apparentemente inutili, sulla resilienza, il riciclo emotivo, la rinascita. Una carezza a questa terra, al nostro Bel Paese così maltrattato, alle donne che non hanno mai una strada facile, alla purezza dell’infanzia che viene costantemente intossicata. Il linguaggio evoca un dialetto dal sapore partenopeo che fa eco al sud tutto, tragico e meraviglioso portatore bipolare di poesia, creazione e autodistruzione. Sud come luogo interiore di ogni primaria pulsione, in cui viscere e umori non conoscono pensieri ma solo atti. Sud dal quale tutti nasciamo. Sud al quale tutti torniamo.