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“Berlino non è tua”, diretto da Alessio Pizzech, una storia alla ricerca della storia

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Berlino non e’ tua, è nuova produzione di SiciliaTeatro diretta da Alessio Pizzech.  Mai rappresentato in Italia, il testo appassionato dello scrittore e video artista cileno Alejandro Moreno Jashés affascina per la forza evocativa legata a un luogo carico di simboli come Berlino, segno di un’Europa alla ricerca di sé stessa e della propria identità, una città che ha fatto della memoria il proprio slancio verso il futuro. Restituita in una nuova versione di Gian Maria Cervo e Alberto Pichardo y Gallardo, la pièce è il racconto emotivo di una storia finita, alla ricerca di tracce e oggetti che la raccontino. Un pretesto per raccontarsi e mettere a confronto la propria identità personale con quella collettiva che un luogo rappresenta; una storia che riguarda ognuno di noi, uomini e donne, quando poeticamente ci confrontiamo con la forza del ricordo e della memoria quasi a dirci che ricordare è un dovere verso noi stessi e verso i nostri amori. Affidato a un giovane e vibrante interprete come Turi Moricca, lo spettacolo si rivolge ai giovani, proprio a loro che spesso fuggono dalla necessità di ricordare rimuovendo per paura le proprie fragilità. Il protagonista, invece, mostra loro come si debba e si possa elaborare il lutto di un amore finito.  

“Un uomo solo in una stanza sta separando le sue cose da quelle del compagno che ha amato e che se n’è andato, che è fuggito nascondendosi da lui, scappando a Berlino.” – racconta il regista nelle note di regia – “Berlino è l’orizzonte della fuga amorosa. Ma Berlino è anche quella città che per lui, uomo solo e abbandonato, rappresenta le tracce di un qualcosa per sempre finito. La storia della città coincide così con la storia di una geografia sentimentale che cambia costantemente e che è mutata per sempre. ‘Berlino non è tua come io non sono tuo’.  Berlino incarna un orizzonte sentimentale finito, il luogo della mancanza, il luogo dell’assenza. La scrittura si sviluppa informalmente, racconta un amore al termina, che ricerca sé stesso nel dialogo con l’altro ormai lontano. ‘Berlino non è tua’ è un dialogo del protagonista tra sé e sé. In quella città, che l’uomo in scena non conosce, egli indelebilmente segnato dalla solitudine, immagina l’uomo che ha amato. Nei suoi piccoli gesti, nelle sue conoscenze, nei suoi rapporti, nelle sue passeggiate. La stratificazione della storia che si è sedimentata sulla città di Berlino è la stratificazione della storia che si è depositata sul corpo del protagonista: geografia dell’anima che coincide con la geografia di una città. Geografia e storia diventano dimensioni dello spazio e del tempo della narrazione. Spazio e tempo diventano due coordinate a cui l’amore per sua natura si ribella, ribaltandosi in una dimensione creativa. Il nostro protagonista è così un poeta dell’amore che si oppone a quella visione da guida turistica che egli ha in mano e che gli consente di immaginare una possibile Berlino. Berlino viene vissuta come proiezione del sentimento tra realtà oggettiva e immagine ideale. Lui stesso diventa la guida turistica di Berlino e attraverso ciò, immagina l’uomo che ama, lo conduce attraverso le strade alla scoperta dei luoghi. Ecco che passato, presente, futuro si confondono in un tempo dell’anima, in un tempo dell’immaginazione. Non riusciamo come spettatori a cogliere fino in fondo se ciò che il protagonista ci racconta di sé sia reale o sia, in qualche modo, una proiezione della propria condizione.  ‘Berlino non è tua’ è un labirinto meraviglioso, una scrittura che ci porta nei recessi nascosti di un’esperienza individuale che è anche esperienza collettiva: la fine di un amore. La condizione dell’abbandono porta a domandarci: quando siamo abbandonati cosa percepiamo, cosa viviamo, cosa sublimiamo? Ecco, Berlino è una sublimazione della perdita dell’oggetto del nostro amore, del desiderio della carne, dell’assenza, una scoperta di identità sommerse.”