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Con questo spettacolo si vivranno i favolosi anni ’60 con una divertente storia a base di psichedelia dall’umorismo graffiante di Piero Ferrarini, che si riconferma anche questa volta come il commediografo italiano più acido che ci sia.

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San Francisco, fine anni ’60.

La trasformazione dei costumi innescata dalla summer of love, contraddistinta dalla psichedelia e dal sempre più massiccio uso della droga, è al suo apice. Violentissimi scontri di piazza, esito paradossale delle marce per la pace in Vietnam, si agitano sullo sfondo di un’epoca assai meno idilliaca di quanto i posteri saranno in seguito destinati a ricordare. E, come nel corso di ogni rivoluzione, accanto agli illusi ed agli idealisti si fanno spazio cinici e profittatori, oltre a veri e propri criminali, pronti a cavalcare il fermento sociali per arricchirsi.

Joan e Stephen Craig osservano quest’epoca bizzarra ma affascinante attraverso le finestre del loro modesto appartamento di Haight Ashbury. Ma insoddisfatta economicamente, ed esclusa per estrazione sociale e provenienza culturale dal gruppo dei vincenti della società statunitense, Joan riversa la sua frustrazione sul marito, docente universitario di chimica (sottopagato) presso l’ateneo di Berkeley.

Nel tentativo di garantire alla moglie l’accesso a quegli status symbols, superflui eppure vieppiù indispensabili alla riconoscibilità dell’individuo, nel quadro di progressiva alienazione prodotta da un contesto sociale in vertiginoso mutamento, Stephen si lascia trascinare dal collega Kenny Coleman, professore di filosofia astuto e privo di scrupoli, e dal capo di una banda di motociclisti, Mike “Pistone”, scombinata figura di magnaccia e spacciatore, in un traffico di droga dagli esiti quanto mai imprevisti, ove figurano quali compagni di sventura una giovanissima tossicodipendente ed un reverendo congregazionalista votato più al whisky che non al servizio divino.

Novità assoluta per la stagione 2020 – 2021, Flower Power mette in scena i “favolosi” anni ’60 attraverso l’ermeneutica crudele e l’umorismo graffiante di Piero Ferrarini, che si riconferma anche questa volta come il commediografo italiano più acido che ci sia.