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Cronache di una routine (precedentemente) sottovalutata Bipersonale di Daniela Di Lullo e Luigi Ambrosetti

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Colore: quello saturo, intenso e brillante. 

È questo il leitmotiv di “Cronache di una routine (precedentemente) sottovalutata”, mostra dedicata alle opere degli artisti Daniela Di Lullo e Luigi Ambrosetti che si incontrano in questo momento espositivo con opere nelle quali i soggetti sembrano muoversi in una dimensione surreale, dove il colore diventa luogo di sentimento. Dallo sfondo si stagliano brani di città, scene di vita vissuta, memorie autobiografiche, elementi del quotidiano e figure intente a percorrere lo spazio a loro disposizione seguendo come guida, tracce distinte di colore. Opere variopinte e intime. Diverse ma simili. Visioni raccontate dalle mani di personalità differenti ma plasmate – sembrerebbe – da un pensiero creativo unico. È questo il motivo che ha portato l’artista Daniela Di Lullo a volere Luigi Ambrosetti al suo fianco, per questa mostra.  

Luigi Ambrosetti, ovvero Lac 68, rappresenta il suo mondo nell’ambiente che lo circonda: le sue figure narrano storie della nostra città. Ogni singolo personaggio viene raffigurato minuziosamente nella propria sfera intima, con tratti irregolari e con un tocco di magia che li rendono partecipi di un unico e coloratissimo contesto.

L’idea della mostraCronache di una routine (precedentemente) sottovalutata” parte da un sentimento nato durante questo particolare periodo, ricco di spunti e riflessioni per gli artisti che ricordano – rivivendole – vecchie scene di quotidianità finite per essere passate inosservate. Le opere mostrate sono la rappresentazione della voglia di ripercorrere la quotidianità, evidenziando le assenze, le distanze, la mancanza di amore e di socialità. 

Il colore prende il posto dello spazio per colmare i vuoti che si creano, diventando anch’esso immagine. Come nell’opera dove si spinge un’auto d’epoca: l’azzurro dello sfondo sembra essere il mare di una spiaggia affollata, che in una domenica d’agosto ci attende all’orizzonte mentre la macchina è andata in panne. Il giallo dei ragazzi che corrono, sembra essere il cortile di una scuola negli anni ‘70 nel momento della ricreazione in cui le urla gioiose dei ragazzi che stanno per terminare la scuola, si fondono con l’amore delle insegnanti che hanno portato a termine un altro anno di lavoro. 

Il colore dunque si unisce con le ombre e con gli attori della scena; diventa interprete di una storia che non è mai la stessa e parte di una memoria personale che nell’insieme si trasforma in collettiva. Questa memoria collettiva rispecchia cinquanta anni della nostra storia. 

Come dice l’artista Daniela Di Lullo: “Non ci rimangono che ricordi. E i ricordi per la maggior parte delle persone sono soprattutto visioni, a cui sono connesse parole, suoni, sensazioni tattili e olfattive. Il nostro senso di identità è dato proprio da ciò che ricordiamo e dal modo in cui lo ricordiamo. Ma non è la realtà oggettiva, perché è una sua ricostruzione. Potremmo dire che la realtà oggettiva in un certo senso non esiste, dato che l’unico modo di percepirla è attraverso la nostra individualità e quindi la percepiamo in maniera distorta. È proprio questa distorsione che le imprime dei significati. Nel nostro cervello si accumula tutto ciò con cui entriamo in contatto, ci portiamo quindi con noi un enorme inavvertito cognitivo, di cui non siamo coscienti ma che ci identifica molto più di quanto crediamo, il famoso rimosso, fatto di forme, suoni, oggetti, desideri che alcune situazioni possono far riemergere all’improvviso, involontariamente: la sfumatura di un orizzonte, il profilo di un volto, un tema musicale, il movimento di un gesto, la texture di un materiale scolpito, il gioco di prospettive creato da un edificio, le ombre di chi c’è stato accanto”.