La storia comincia in medias res e nemmeno il tempo di rendersi conto di essere al teatro che ecco sgattaiolare, a destra e a manca, tutti i personaggi, compreso lui, Cyrano de Bergerac. E’ un andirivieni di attori che salgono e scendono dal palco del Teatro Parioli per assistere, come noi, ad un’altra messa in scena, quella di un poeta, ma anche uomo dirompente, che farà di tutto per vedere trionfare la cosa più importante, la sua libertà. Da cornice una scenografia scarna in cui gli attori passano da un luogo ad un altro, attraverso una sorta di pedana sopraelevata, che offre punti di vista differenti e mai uguali a sé stessi. Il Cyrano de Bergerac, al Teatro Parioli fino al prossimo 8 novembre, conta sulla sapiente regia di Matteo Alfonso e Carlo Sciaccaluga. Suggestive e mai a sproposito anche le musiche, di Andrea Nicolini.
Interpretato da un bravissimo Antonio Zavatteri, che sa alternare momenti di estremo pathos ad altri di pura ilarità, questo Cyrano colpisce per la sua spontaneità, la sua superbia, ma anche il suo essere eternamente sognatore. Il personaggio consegnato dalla penna di Edmond Rostand è l’incarnazione dell’uomo ideale, scevro da qualsiasi condizionamento e forma sociale. Cyrano rifiuta protettori e trascorre le sue giornate tra il procurarsi sempre più nemici e il sognare “la donna più bella, più fine e più colta”, sua cugina Rossana, di cui è tremendamente innamorato. Qui si mette in scena uno dei drammi più intimi dell’animo umano, quello di uomo che soffre per amore, che ha paura ad esternare i suoi sentimenti più puri per colpa di uno stupido involucro, che dopotutto fa parte, anche questo, di una convenzione sociale. E allora cos’altro fare se non affidare ai versi questo amore puro, ma mai svelato, magari facendoli recitare a chi, come Cristiano – l’uomo di cui invece Rossana è innamorata – è dotato di così perfette fattezze fisiche, ma carente di parola. E’ un dramma universale e anche molto contemporaneo, quella della bellezza esteriore che ha la meglio sull’animo gentile e poeta del povero Cyrano, che non si dà per vinto, ma offre addirittura consigli e protezione a quello che sarebbe potuto essere il suo naturale rivale d’amore. Ma l’amore è forse proprio questo, saper rinunciare alla propria di felicità per il bene della persona a cui tieni: sembra essere questa la morale che vien fuori da tutta questa storia, che è possibile astrarre da quel preciso contesto storico per riviverla, adesso, tra di noi. Emozionante la scena in cui la bella Alice Arcuri (alias Rossana), sul finale, ammette che ciò che ama di più del suo amore è proprio il suo animo. Ma lui, Cyrano, ancora una volta, manterrà il segreto sino sul punto di morte, colpa di un destino beffardo. Gli resta il ricordo di un unico momento di gioia, quello in cui il vero Cyrano riuscii ad essere sincero e a parlare al cuore della bella Rossana, nel buio della notte, irriconoscibile ai più, ma non alla voce del vero amore.