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Gabriele Lavia in scena al Quirino con “Il padre” di Strindberg

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Dopo Brecht e Pirandello, Gabriele Lavia si confronta per la terza volta nella sua carriera con Il padre di Strindberg.

La nuova produzione della Fondazione Teatro della Toscana diretta e interpretata da uno dei maestri della scena italiana è in prima regionale al Teatro Quirino da martedì 23 gennaio a domenica 4 febbraio. Sul palco al fianco di Lavia Federica Di Martino. La casa, la famiglia, la resa dei conti, motivi simbolici per il drammaturgo svedese, vengono qui portati a un confronto ultimativo, che si impone con la lucidità dell’allucinazione.

“L’azione di quest’opera – afferma Gabriele Lavia – è tutta interiore e stretta nella morsa tragica dell’unità di tempo, luogo e azione nella quale deve essere compiuto il ‘delitto perfetto’: l’omicidio psichico. Il nostro spettacolo precipita l’azione dentro una vertigine di velluto rosso sangue dove il quieto salotto familiare comincia ad ‘affondare’ nel naufragio di ogni certezza. È il naufragio del mondo e della storia. Ma forse la vita non è altro che un naufragio”.

Il Capitano di cavalleria Adolf viene a scontrarsi con la moglie Laura sull’educazione da impartire alla figlia Berta. La consorte non esita a instillare nell’animo dell’uomo un dubbio atroce: la sua stessa paternità. Il lungo calvario mentale di Adolf lo sprofonda in un’angoscia devastante, fino a farlo precipitare, prosegue Lavia, “nell’abisso della perdita di ogni ‘certezza ontologica’ dello statuto virile della paternità”.

Una partita inesorabile di dare e avere, dove ogni segno sposta la bilancia di una macchinosa contabilità cosmica. Con Giusi Merli, Gianni De Lellis, Michele Demaria, Anna Chiara Colombo, Ghennadi Gidari, Luca Pedron. Scene di Alessandro Camera, costumi di Andrea Viotti, musiche di Giordano Corapi, luci di Michelangelo Vitullo.

“Scritto con un’ascia, non con la penna”. Cosi August Strindberg definisce Il padre composto in una manciata di mesi nel 1887 che della tragedia, nel senso più autentico del termine, rivendica tutti i paradigmi, mettendo a nudo i nodi irrisolti di un rapporto coniugale inaridito in regole che hanno reso moglie e marito estranei l’una all’altro, rivali, nemici.