Quando il potere diventa assoluto è raro che possa restare immacolato chiunque gli sia vicino.
E il potere, machiavellico, nicciano, totale fagocita chiunque. Anche chi lo combatte, anche chi si ostina a volerne restare umanamente fuori. È il dramma dei rivoluzionari che combattono contro un dittatore, diventando dittatori spesso peggiori del primo, vedi Castro e vedi anche le profezie brillanti di Augusto Del Noce sul suicidio della rivoluzione.
Lorenzo de Liberato ci fa confrontare con un testo violento, un panegirico che può competere con il “Caligola” di Camus per estetica della profondità. Una estetica che chirurgicamente spoglia il maligno di ogni belletto e lo presenta per com’è: potenza, potenza assoluta.
Non c’è bisogno di leggere Severino, Zizek, o altri autori che si sono spellati le mani scrivendo sul tema della potenza e del potere, ma si esce dalla sala con molte domande. E questo è il compito del teatro.
Marco Quaglia e Stefano Patti sono due ottimi interpreti. In una scenografia totale, che investe gli spettatori come elementi vivi del tutto, il duello dialettico sale e scende da un tono drammatico fino a uno comico.
Non è un testo semplice, per fortuna. Di banalità il mondo è pieno. È un testo complesso, ed è un bene. Perché il male o il potere non vanno mai ridotti ai minimi termini. Si deve trovare un minimo comun denominatore, questo sì, senza mai scadere nel banale. E il testo non diventa mai banale.
15-16-17 dicembre Carrozzerie n.o.t.