Al Teatro Argentina dal 9 al 20 dicembre 2015 arriva il capolavoro di Arthur Miller “Morte di un commesso viaggiatore” nell’intensa e appassionata versione di Elio De Capitani, con un cast applauditissimo e la scenografia mutante di Carlo Sala, una produzione Teatro dell’Elfo.
Una storia personale che diventa collettiva, un classico degli anni Cinquanta che parla del nostro presente, raccontando l’ultimo giorno di vita di Willy Loman, commesso viaggiatore pronto a tutto per vendere e per vendersi. Elio De Capitani, oltre che regista, della pièce è anche interprete nel ruolo del protagonista Willy Loman; questa interpretazione gli è valsa il Premio Hystrio 2014 come attore protagonista e il Premio Internazionale Ennio Flaiano 2014 per la regia ma sarà l’intera compagnia a dare una splendida prova, con una recitazione sul filo di un vissuto tutto interiore.
Arthur Miller raggiunse il successo internazionale proprio con “Morte di un commesso viaggiatore”, debuttato nel 1949 per la regia di Elio Kazan. Di questo suo testo rivoluzionario, nella forma come nel contenuto che mette in discussione il “sogno americano”, l’autore ha scritto: «Costruito inizialmente sul ricordo di mio zio Manny, il personaggio di Willy Loman s’impadronì velocemente della mia immaginazione e divenne qualcosa che non era mai esistito prima: un commesso viaggiatore con i piedi sui gradini della metropolitana e la testa nelle stelle».
In questa nuova versione teatrale, si capisce molto bene che in realtà oggi siamo tutti diventati commessi viaggiatori, qualunque sia il mestiere che facciamo, Non cerchiamo più la simpatia, l’affetto, l’amore di qualcuno, ma stiamo provando a vendere noi stessi al capo o ai colleghi, a quella donna o quell’uomo, perfino ai nostri figli. Anzi, neppure noi stessi, ma un’immagine solida, accattivante, vincente, che non corrisponde poi alle nostre crescenti debolezze e angosce. Perché siamo sempre più insicuri, meno riconosciuti e riconoscibili. Abbiamo perduto certezze. Dignità. Tutti vogliono essere in corsa per diventare “il numero uno”. Perché soltanto i primi contano.