In alta montagna, in un ambiente inadeguato ad una guerra di trincea, i soldati del plotone al comando del Tenente Alfani sono dislocati sul Forte del Corbin, prossimi alla “porta dell’Inferno”. Essi provengono da tutte le parti d’Italia e parlano dialetti così diversi da creare una lingua polifonica; per la maggior parte sono soldati improvvisati che il protrarsi della belligeranza ha corroso e indebolito. In loro è avvenuta una sorta di osmosi tra paura e rassegnazione divenuta ormai indissolubile. Il Tenente Alfani gestisce la turnazione degli uomini che devono raggiungere la postazione avanzata: “La piazzola, quantunque lontana soltanto una cinquantina di metri dalla trincea, ne pareva remotissima essendone distaccata del tutto…”. Il suo ruolo di ufficiale gli impone di rispettare e dare l’ordine che condurrà i suoi ragazzi ad una morte ingloriosa e inutile: chiunque di loro si avvia a percorrere quella ‘cinquantina di metri’ viene inesorabilmente ucciso da un’implacabile cecchino nemico. Per il Tenente Alfani, questa fase della guerra non rappresenta una semplice routine: il meccanismo della turnazione, così apparentemente indolore, e scevro da responsabilità individuali e personali, inizia a generare dubbi sulla giustezza degli ordini fino ad incepparsi del tutto quando alla piazzola avanzata deve andare il soldato Morana. Proprio Morana “fregiato da un nastrino azzurro per una medaglia di bronzo guadagnatasi in Libia” e soprannominato l’eroe risponde: “Signor tenente, io non ci vado”.
Sarà in scena, per la prima volta a Roma, al Teatro Argot Studio – dal 15 al 20 maggio – LA PAURA dal racconto di Federico De Roberto, protagonista Daniel Dwerryhouse. Regia e adattamento sono affidati a Francesco Bonomo, che indaga con grande abilità, dal punto di vista di chi è sopravvissuto alla Prima Guerra Mondiale, le lacerazioni dell’animo umano di fronte ad uno dei momenti più strazianti per ogni soldato di ogni guerra: obbedire ad un ordine sbagliato.