La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza. Diceva Camus. E non può non essere vero. E in un momento politicamente così controverso come questo, nulla può essere più utile di un tocco di vera bellezza.
Ecco, ci siamo imbattuti in questa esperienza al Teatro Stanze Segrete, con la mise en scene di “A porte chiuse” di Jean Paul Sartre.
Se è in sarte vero che il bello non può non essere legato alle cose gravi, questa breve piece sartriana racchiude in sé il sunto di tutto il pensiero, discutibile, apprezzabile, condivisibile o meno, del controverso filosofo francese.
La regia di Ennio Coltorti decide di dare vita a una rappresentazione che ha il sapore quasi di una ricerca filologica e, per la prima volta, sentiamo dentro nascere la claustrofobia, l’angoscia e il terrore che lo spettacolo vuole proprio mettere in scena.
Ennio Coltorti, in scena insieme a Anna Clemente Silvera e Adriana Ortolani, sono perfetti nella loro interpretazione che non analizza il personaggio ma lo lascia andare con fare rapsodico ed elegante.
Insieme vittime e prede, i personaggi della piece sono facilmente degli idealtipi del nulla e ognuno di noi possiede molto probabilmente una parte di questo nulla che è pronto ad emergere e a ruggire.
Bisognerebbe rivederlo, ancora e ancora una volta e poi di nuovo, perché nella bellezza delle piccole cose si nasconde una profondità vertiginosa. E ne abbiamo avute la riprova.