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L’arte del XX secolo nelle parole del filosofo Di Giacomo, ecco gli appuntamenti

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L’arte del XX secolo vista attraverso una prospettiva filosofica. Al Piccolo Eliseo dal 15 marzo fino al 24 maggio, Giuseppe Di Giacomo interpreta il Novecento con l’obiettivo di rendere comprensibile la complessità di una produzione artistica caratterizzata dalla distruzione dei tradizionali modelli di riferimento e di tutti i paradigmi che hanno segnato la storia dell’arte dalle origini alla fine del XIX secolo. Si vedrà allora come i grandi artisti, affrontati in questi sei incontri, evidenzino il fatto che, se si può ancor oggi parlare in ambito artistico di un “paradigma”, questo è costituito dall’assenza di ogni paradigma.

15 marzo 2016, ore 17.30
Le origini della modernità: Manet e Cézanne.
La via della “rappresentazione”: l’Astrattismo di Kandinskij, Malevič, Mondrian.

La rottura con i modelli della tradizione è ben rappresentata nel passaggio tra l’Ottocento e il Novecento dai francesi Edouard Manet e Paul Cezanne. Mentre Manet utilizza gli elementi strutturali della pittura – verticali e orizzontali – in direzione della bidimensionalità, Cézanne recupera una concezione geometrica e atemporale dello spazio come indice della “verità”.
Aspetti di questa ricerca confluiranno nel nascente Astrattismo, movimento che si nutre di spiritualità, senza però negare l’importanza degli elementi sensibili e materiali dell’opera.

5 aprile 2016, ore 17.30
La via della “presentazione”: i ready-made di Duchamp.
Tra “rappresentazione” e “presentazione”: Picasso e il Cubismo.
La ruota di bicicletta o l’orinatoio di Duchamp mostrano come qualunque cosa possa essere intesa come opera d’arte, se alla stessa viene sottratta la sua funzione originaria e presentata come tale alla contemplazione in un museo. Evidenti richiami alla poetica di Duchamp sono confluiti nel Cubismo, in cui l’immagine visibile viene scomposta e rappresentata sulla tela in modo da non essere più un oggetto per l’occhio, bensì per l’intelletto.

19 aprile 2016, ore 17.30
Klee tra astrattismo e figurazione. Mirò e il Surrealismo.
Quando Paul Klee definiva il compito della pittura “non riprodurre il visibile, ma rendere visibile” affidava un nuovo ruolo all’artista. Come un demiurgo, che concorre alla creazione del mondo, il pittore ha il compito di rendere visibile ciò che è nascosto tra le pieghe della realtà oggettiva. Anche Mirò dipinge la realtà non direttamente come la vedono i suoi occhi, ma mediata dai suoi ricordi. Sia l’artista svizzero che il maestro catalano non procedono da modelli precostituiti, ma la loro opera è un processo sempre in divenire.

3 maggio 2016, ore 17.30
La nuova (s)figurazione: Giacometti e Bacon.
Momenti dell’arte italiana e francese del dopoguerra.
Francis Bacon e Alberto Giacometti sono accomunati nella ricerca della verità, propendendo per un’arte che non sia mero realismo, quanto rassomiglianza intesa a far emergere l’essenza della figura umana. La loro opera è risultata estremamente originale ed equidistante sia dall’arte figurativa che dall’astrattismo.
Nel dopoguerra in Italia, con Alberto Burri e Lucio Fontana, e in Francia con Jean Dubuffet e Jean Fautrier si è imposta l’arte informale come poetica del gesto e della materia.

10 maggio 2016, ore 17.30
Il ritorno della “rappresentazione”: l’Espressionismo astratto americano.
Il ritorno della “presentazione”: Pop Art, Minimalismo e Concettualismo.
La peculiarità dell’Espressionismo astratto americano del secondo dopoguerra sta nelle opere di artisti come Mark Rothko e Barnett Newman e nell’action painting di Jackson Pollock.
Parallelamente la Pop Art analizza il ruolo dell’arte nella nuova società dei consumi e in relazione alla cultura dei mass media. Maestro riconosciuto, Andy Warhol trasforma l’opera d’arte da oggetto unico a prodotto seriale.

24 maggio 2016, ore 17.30
L’arte degli ultimi trent’anni: tra mercato e testimonianza, tra simulacro e immagine.
L’esperienza artistica della contemporaneità non si risolve completamente nella tendenza neofigurativa e iperrealista delle produzioni Neo pop (si pensi a Jeff Koons e Damien Hirst), che si sono impadronite in maniera pressoché definitiva dell’immaginario mediatico e del mercato dell’arte. Contemporaneamente sono emerse produzioni artistiche del tutto originali, in grado di serbare memoria delle sofferenze della storia, come per esempio in Antoni Tàpies, Christian Boltanski e Anselm Kiefer.