Frame si ispira all’universo pittorico di Edward Hopper.
Ogni sua opera è stata trattata come un piccolo frammento di racconto dal quale distillare figure, situazioni, parole.
Una novella visiva, senza trama e senza finale, direbbe Cechov, una porta semiaperta per un istante su una casa sconosciuta e subito richiusa.
Di Hopper non mi interessano le indubbie qualità pittoriche quanto piuttosto la capacità di imprimere sulla tela l’esperienza interiore. Ricrearla in scena. Farla vedere, anche solo per un istante. Nei suoi quadri non vi è alcuna intenzione morale o psicologica, egli semplicemente coglie il quotidiano
dei giorni.
Opere straordinarie compiute attraverso l’ordinario. Quanto più consuete sono le ambientazioni, abitate da figure semplici, tanto più si rivela la magia del reale. Non c’è tempo per descrivere, tutto accade in un soffio. In un soffio si rappresenta la verità interiore. C’è un dentro e c’è un fuori che osserva ma non vi è alcun intento voyeuristico, nessuna perversione. Una castità e un pudore che si sprigionano quando si è riconciliati, calmi, scaldati dal sole.
Quando la frattura interiore è già avvenuta in noi e tutto scorre senza rimpianti, lasciando che la vita che ci resta abbia il suo giusto decorso.
Nessun evento sensazionale. Semplicemente un attimo in cui tutto cambia, senza clamore. Figure sempre ai margini di una soglia: una finestra, una vetrina di un bar, l’uscita di sicurezza di un teatro, un sipario socchiuso, una porta, il finestrino di un treno. In cerca di luce. Mentre fuori la vita, ferma, incombe.
Deserte le strade, quieti gli oceani.
E gli alberi, accesi dal sole, fanno schiera e creano sentieri bui.
dal 27 febbraio al 4 marzo 2018
dal martedì al sabato h 21 – domenica h 18