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Mario Martone porta in scena Goliarda Sapienza con Donatella Finocchiaro ne “Il filo di mezzogiorno”

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La creazione produttiva del Teatro di Roma prosegue in questo nuovo ritorno della Stagione Cantiere dell’immaginazione, rinnovando il legame con Mario Martone, che invita il pubblico ad entrare nel mondo di Goliarda Sapienza con IL FILO DI MEZZOGIORNO, un corpo a corpo nei ricordi e nel percorso psicanalitico della scrittrice rimasta a lungo misconosciuta e raggiunta successivamente dal grande successo postumo de L’arte della gioia.

Lo spettacolo, in scena dal 20 al 29 maggio al Teatro India, è una produzione che vede insieme gli Stabili di Napoli, Catania, Torino e Roma per portare sulle tavole del palco l’esperienza letteraria dell’autrice siciliana, nell’adattamento di Ippolita di Majo, con protagonisti Donatella Finocchiaro e Roberto De Francesco
diretti dallo stesso Martone.

Donna fuori da tutti gli schemi e anche dalle ideologie politiche del suo tempo, Goliarda Sapienza ha combattuto la sua battaglia prima partigiana, poi femminista, sempre controcorrente e contro il conformismo che ha fatto con tutti i mezzi che aveva a disposizione, primo fra tutti la scrittura. Il suo romanzo autobiografico e scandaloso, Il filo di mezzogiorno, uscito per la prima volta nel 1969 da Garzanti, ora ripubblicato da La nave di Teseo, ripercorre con lucidità e una straordinaria dovizia di particolari il suo percorso psicanalitico vissuto dopo il periodo di depressione. Goliarda insegue la sua memoria, insegue i ricordi, le sensazioni, le libere associazioni, lo psicoanalista la guida, la accompagna e riuscirà a condurre la scrittrice dalle tenebre, nelle quali l’avevano sprofondata il ricovero in manicomio e i ripetuti elettroshock, alla luce della coscienza, al recupero della propria identità. È una battaglia senza esclusione di colpi nel quale i ruoli si distorcono per poi riprendere forma e scomporsi fino quasi a invertirsi.
«Ne Il filo di mezzogiorno quasi tutto accade nel presente continuo del mondo interno di Goliarda, secondo un modo di raccontare e un uso della dimensione temporale che assomiglia a quello del cinema. Il luogo dell’azione è il tempo dell’analisi, un tempo fatto di mondo interno, di vivi e di morti, di fantasmi, di desideri, di emozioni segrete e alle volte indicibili – riflette Ippolita di Majo – È un luogo nel quale si rincorrono personaggi che appartengono a tempi storici diversi: c’è l’analista, ma c’è anche la madre Maria Giudice, il padre Peppino Sapienza, e poi la sorella Nica, il fratello Ivanoe, e ancora Enzo, e poi Citto e le amiche Titina, Haya, Marilù. Nel mondo dell’analisi, fatto di regressione, rievocazioni, proiezioni, transfert, i vivi e i morti stanno insieme. Sul piano della scrittura questo si traduce nella compresenza di diversi registri temporali: c’è il presente dell’analisi e quello della regressione, ma c’è anche il tempo del racconto dell’analisi al lettore, il presente della scrittura del romanzo. Nell’adattare il testo per la scena, ho immaginato che l’azione si potesse svolgere in due diverse zone del palcoscenico che sono anche due ‘zone’ del mondo interno di Goliarda. La zona 1 è uno spazio vuoto, buio, onirico, una zona appartata e solitaria, sprofondata nei meandri dell’inconscio. La zona 2 invece è il luogo della realtà, della relazione, è la sua casa, il luogo in cui i fantasmi prendono corpo, ma sono arginati dall’incontro con il dato reale, è il posto in cui ogni giorno viene a farle visita l’analista che l’ha presa in cura». Mentre così commenta Mario Martone: «Lo studio del mio analista era un rettangolo pronunciato, per un anno l’ho guardato seduto su una poltrona, schiena al lato corto dove c’era la porta d’ingresso, l’analista seduto davanti a me. Guardavo la porta a destra sul lato lungo e pensavo che oltre quella porta ci fosse la stanza col lettino. Quando il mio analista mi disse che nella seduta successiva mi avrebbe voluto sul lettino gli chiesi “Dunque andremo in quell’altra stanza?” ma lui mi invitò a guardare alle sue spalle: “Il lettino è lì”. Non l’avevo mai visto. Forse da questo episodio è scaturita l’idea di sdoppiare la stanza di Goliarda, non lo so. So che ho amato il mio analista Andreas Giannakoulas e che alla sua memoria dedico oggi questo spettacolo».