Misura per misura è uno dei testi di William Shakespeare più “ambigui”, come ebbe a dire Luca Ronconi. Nell’opera, dal titolo evangelico, scritta tra il 1603 e il 1604, Shakespeare intreccia tre storie prese da vicende storiche o testi precedenti, mescolandole con effetti “cinematografici”: il Duca di Vienna che si traveste per mescolarsi tra la gente e capire cosa pensano di lui; un ricatto sessuale ai danni di una novizia in convento che aveva tentato di salvare il fratello condannato a morte; uno scambio di persona nel letto di un fedifrago, che si ritrova con la propria promessa consorte, come il Decameron insegna.
Al Teatro della Pergola da martedì 4 a domenica 9 dicembre, nell’allestimento di Paolo Valerio che si avvale della traduzione di Masolino D’Amico, la carne è scoperta, i corpi nascosti ed esibiti con desiderio, come pazienti e modelle. L’ambiguità della legge si unisce alla durezza e al realismo dell’abuso di potere e della violenza sulle donne. Una produzione Teatro Stabile di Verona, Fondazione Teatro della Toscana, Estate Teatrale Veronese.
“Si tratta di un testo molto attuale – dice Paolo Valerio ad Angela Consagra nel foglio di sala dello spettacolo – forte, pieno di sfaccettature e metaforico: si parla di Misura per Misura, delle fragilità della Regina Elisabetta e dei suoi tempi, ma il mondo di tensioni, cupezze e incertezze non è molto diverso da quello in cui viviamo oggi. La crisi dell’ordine sociale è assolutamente contemporanea e gli attori contribuiscono alla storia portando la loro verità.”
La Compagnia, guidata da Massimo Venturiello nei panni di Vincenzo, il Duca di Vienna, attraversa la vicenda con ritmo incalzante, incastonata in un’ambientazione che non è collocabile in un tempo definito, tra fascinazione del male, egoismo e perdita dei valori. La trama vuole che il Duca, stanco dei vizi e degli eccessi che ammorbano la sua città, decida di allontanarsi, affidandone la guida ad Angelo, uomo coscienzioso e apparentemente morigerato, che assume la carica di governatore.
In realtà, il Duca ha architettato una finzione, per osservare – assumendo una falsa identità – il comportamento e i pensieri dei propri concittadini. Si traveste da religioso, prende il nome di frate Ludovico, e assiste agli eventi, talvolta intervenendo in modo da evitare il peggio e prendendo coscienza della deriva intrapresa dalla sua comunità. Al fianco di Massimo Venturiello, ci sono Simone Toni, Roberto Petruzzelli, Francesco Grossi – iNuovi, Alessandro Baldinotti, Marco Morellini, Simone Faloppa, Luca Pedron – iNuovi, Camilla Diana, Federica Castellini, Federica Pizzutilo. I movimenti di scena sono di Monica Codena, le scene e immagini di Antonio Panzuto, i costumi di Luigi Perego, le musiche di Antonio Di Pofi, le luci di Nevio Cavina.
“Il lavoro si concentra sulla figura del Duca di Vienna – spiega Valerio – immaginando il protagonista, Massimo Venturiello, come un regista presente sul palcoscenico, che racconta la grande umanità dell’opera di Shakespeare, in cui la commedia porta spesso alla tragedia. Abbiamo fatto ricorso a un uso tecnologico della scena, inserendo delle telecamere e delle immagini che ricordano una sorta di Truman Show al contrario. L’idea di fondo che emerge si appoggia sul ruolo del Duca che, come molti dei personaggi shakespeariani, è ambiguo e misterioso.”
Angelo, di nome, ma non di fatto, incarna il personaggio tipo del villain: da un lato esercita con ottuso rigore il proprio potere, condannando a morte il giovane Claudio, colpevole di aspettare un figlio dalla propria fidanzata prima delle nozze. Dall’altro lato, però, quando la sorella del condannato, la novizia Isabella, si presenta da lui per intercedere e salvare la vita al giovane, Angelo compie un ricatto sessuale: Claudio avrà salva la vita solo se Isabella si concederà a lui per una notte.
“Il potere che cambia l’animo umano è il tema portante di questo spettacolo – riflette Paolo Valerio – quest’idea ha a che fare molto con il Duca e Angelo e con la loro incapacità ad agire in maniera limpida. Hanno un rapporto simile a quello di altri due famosi personaggi shakespeariani: sono come Jago e Otello, le due facce della stessa medaglia. Il Duca, in particolare, attua una profonda riflessione sul senso della vita: il suo è un pensiero in cui si ribadisce il fatto che l’uomo teme la morte e, contemporaneamente, ha paura di vivere. Tramite le sue parole si riflette, quindi, sulla condizione di fragilità di ogni individuo.”
La deprecabile proposta di Angelo scatena un’ondata di intrighi e macchinazioni: Claudio, pur di non morire, accarezza la tentazione di sacrificare l’onore della sorella; lei, per salvarsi, lascia senza troppi scrupoli che un’altra donna la sostituisca nell’orribile notte con Angelo… Tutto questo malessere umano, oltre ogni limite possibile, la farsa, l’ironia, diventa gioia e dolore di un luogo immaginario, ma così reale e vicino, dove la forza dell’amore e della bellezza silenziosa forse trionferanno sulla schiavitù della paura e dell’istinto. Per ritornare a sognare, nonostante tutto.
“Questo è un testo che parla di crisi universale – interviene Paolo Valerio – la fuga dello stesso Duca è la conseguenza di un regno, il suo, che subisce una condizione difficile. Tutti i personaggi vivono, in qualche modo, una sensazione di spaesamento e lo spettacolo riporta a una dimensione critica, sia dal punto di vista sociale che economico. La grande forza dei testi shakespeariani – conclude – risiede nella capacità di risvegliare l’immaginazione del pubblico e la fiducia nel teatro che è in grado di dare sempre una nuova possibilità. Attraverso il palcoscenico si riesce a parlare di rapporti tra esseri umani e di emozioni: in questo senso il teatro diventa speranza e un modo per sopravvivere alle brutture della realtà che ci circonda.”