“il riso – diceva George Bataille – è il salto del possibile nell’impossibile”. Ed è una prova quasi impossibile quella messa in atto dalla Compagnia del Florian al Teatro Palladium di Roma. Una sfida vinta a pieni voti.
Intanto, continua il tour della Compagnia Florian Metateatro con il suo ottimo “Vecchi tempi” per la regia di Pippo di Marca.
Dopo il successo capitolino, con un inizio in sordina e un finale trionfale, con la sala piena, lo spettacolo adesso si sposta a Bari.
Ma è un testo così facile da non capire e così difficile da sottovalutare. La recitazione degli attori mette in dubbio la capacità di poter dire che sia un testo comprensibile a primo acchito. Ma Anna Paola Vellaccio, Fabrizio Croci e Francesca Fava sono in grado, non solo di restare nella parte, dalla prima battuta all’ultima ma sono capaci di non perdersi nei personaggi.
Lo spettacolo andrebbe visto più di una volta: perché solo così ci si rende conto di quanto questi tre attori siano in grado di arrivare, passo dopo passo, vicino alla loro singolare idea di personaggio. Ognuno di loro ha in mente il suo ruolo, si vede, lo si capisce mentre recitano sera dopo sera, e si intuisce come tentino in tutti i modi di arrivare alla perfezione che, per loro, significa far combaciare la loro idea con la realtà.
Insomma, sono attori bravissimi questi del Florian. Ma è una guida bravissima anche Pippo di Marca, che guida un gioco sapiente di luci e di silenzi fin dalle prime battute dello spettacolo.
Parlare di Proust per questo spettacolo, solo perché si parla di Tempo è riduttivo. Fuorviante. Così come parlare di Checov. In ognuno dei due casi è necessaria una interpretazione diversa. Le sorelle dell’autore russo non possono essere messe in scena con la stessa enfasi di questa Anna. Tantomeno il Barone di Charlus o Madame Vinteuil.
Lo spettacolo è una ricerca, ma di un senso futuro, non passato. In questo modo Pinter crea il suo presente passo dopo passo. Il Narratore fugge il presente, sin dalla Prigionera lo evita. Pinter no, sfoglia il bestiario umano con naturalezza e lo mette in scena quasi controluce. Riducendo al minimo. Così permette che quegli screzi emotivi che lascia al carattere degli attori riecheggino nel vuoto lasciato dalle emozioni che sono state eliminate.
È un viaggio profondo, vertiginoso, quello che il Florian porta in scena. Ma lentamente viene meno la nebbia della incomprensione, e alla fine, agli applausi, l’aurora di un sorriso sboccia con semplicità quando si capisce di aver investito un poco del proprio tempo per diventare un po’ più consapevoli di sé.
Anna Vellaccio è una Grand Comedien, come Diderot ci spiega. Perché non deborda nel personaggio. Resta nel confine della fantasia interpretativa, puntellando la sua personalità che non viene mai a invadere quella del carattere che mette in scena. Il riso è facile da imitare, ma è così difficile da interpretare.
Flavio Croci è il ponte perfetto tra la terrestrità di Anna e la perfetta ed eterea incertezza del personaggio di Francesca Fava.