Dal 15 al 20 gennaio in scena al Teatro India QUASI UNA VITA – SCENE DAL CHISSÀDOVE, scritto daStefano Geraci e Roberto Bacci, che ne cura anche regia, scene e costumi. Il racconto del “congedo” che si compie dopo aver attraversato due vite, due esistenze ripercorse nelle memorie degli spettatori: quelle di una coppia in bilico fra palcoscenico e vita privata, da sessant’anni uniti in un rapporto a due fatto di cose lievi e preziose, carezze, memorie, viaggi, cartoline. Un moderno biopic che ripercorre sessant’anni di vita e teatro, prendendo spunto dai ricordi di Giovanna Daddi e Dario Marconcini, marito e moglie, coppia di teatranti, co-fondatori con Bacci del Centro di Pontedera nella metà degli anni Sessanta e in tempi più recenti artefici di programmi non convenzionali nel Teatro di Buti. Un’esistenza insieme dedicata a una passione vera: il teatro che attraversano per giungere «Chissàdove». Le scene compongono gesti e parole dispersi in una storia d’amore, al presentarsi della vecchiaia, nell’incerto confine che separa la malattia dalla salute, in abitudini e memorie teatrali che scavano i corpi ma che illuminano il passare del tempo con l’intensità di chi ancora ha il coraggio e l’incoscienza di voler debuttare nella vita. «Ciò che resta di noi è ciò che gli altri ricordano nel tempo che a loro resta. La domanda che ci portiamo dentro e nello spettacolo è quella che riguarda l’attraversare l’ultima porta che ci resta nascosta oltre la quale ci attende un incerto viaggio nel Chissàdove – annota il regista Roberto Bacci – È quasi una vita quella che ci è data e, mentre la viviamo, così occupati a rincorrere ciò che resta da essere e da fare, il Teatro può interrogarci sul futuro di ciò che siamo stati. Prendiamo allora la vita di due persone qualsiasi e raccogliamone i ricordi, gli affetti, gli oggetti, i costumi, le parole che hanno detto e amato». In scena la coppia, con quattro attori, si addentra in un racconto al tempo stesso pubblico e privato, in cui alle memorie intime si intrecciano stralci di vissuto artistico. Al centro del palco si erge una porta con doppia apertura: se si apre da una parte si chiude dall’altra. Ecco allora che si disegnano, fra porte chiuse e porte aperte, ricordi, corpi e pensieri imprigionati in universi paralleli, sospesi nell’atmosfera onirica di un testo che riflette non soltanto sulla vita nel teatro, ma sul senso dell’esistenza quotidiana.