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“Stasera mi butto” al Teatro 7 a Villa Massimo

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Le ingiustizie purtroppo fanno parte di questo nostro mondo imperfetto. C’è chi reagisce e chi, invece, subisce. Lo spettacolo “Stasera mi butto!”, scritto da Patrizio Pacioni per la regia di Giancarlo Fares e prodotto da Le Ombre di Platone Ets , si concentra proprio sulle dinamiche così caratterizzanti della della nostra epoca. In anteprima nazionale a Roma il 12 settembre  ore 21.00 presso il Teatro 7 a Villa Massimo, racconta uno spaccato quotidiano con una finestra aperta tra ironia e dramma, anche alla luce della crescente invadenza esercitata dai media. Sul palco un eccellente trio di artisti, Mario Zamma, Alessia Fabiani, Salvo Buccafusca, alle prese con una storia nella quale ognuno  può rispecchiarsi per trarre le proprie conclusioni e riflessioni. Una situazione paradossale che costituisce lo spunto e l’innesco di una graffiante satira di costume che ruota attorno a Leonida, impiegato comunale con un divorzio alle spalle e una nuova e giovane compagna con la quale non sa decidersi a iniziare un rapporto più solido e continuativo, offeso e risentito a causa della bruciante ingiustizia sportiva consumata in diretta tv nell’ultima giornata del campionato di serie A. Pronto ad un gesto eclatante l’uomo un giorno  decide di salire  sul terrazzo del palazzo in cui abita e, in bilico sul muretto di recinzione, minaccia di gettarsi nel vuoto se non sarà disposta l’immediata ripetizione della partita in questione: impresa da moderno Don Chisciotte, impegnato a portare avanti, quel che costi, una protesta che difficilmente potrà contare sul convinto consenso dell’opinione pubblica e toccare il cuore dei cosiddetti “poteri forti”.  Uno scenario che si complica per via della quasi immediata irruzione sul terrazzo di Gualtiero Goffredi, conduttore televisivo di una scalcinata tv privata che, in qualche modo, riesce ad entrare in contatto con il contestatore pur di conquistare ascolti basandosi sulla proverbiale morbosa curiosità del pubblico. Un confronto tragicomico che pone l’accento sull’indifferenza del cronista rispetto ai risvolti umani della vicenda e sull’ambiguità, la fragilità e la sostanziale insicurezza che affliggono i rapporti interpersonali di questo primo scorcio di terzo millennio.