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IL CATTIVO POETA, dal 20 maggio al cinema

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IL CATTIVO POETA (Italia, Francia 2020 106 min.)

Regia Stefano Jodice

Produzione Andrea Paris, Matteo Rovere

Distribuzione 01 Distribution

Fotografia Danele Ciprì

Montaggio Simona Paggi

Interpreti Sergio Castellitto, Francesco Patanè

L’esordiente Stefano Jodice mette in scena l’ultimo atto della vita di uno dei personaggi più controversi del Novecento italiano e non solo: la fiaba decadente del poeta guerriero trova il proprio epilogo nell’Italia del ’36, alle soglie della fatidica alleanza con la Germania nazista e della Guerra.

Nella cornice del Vittoriale (utilizzato realmente come una delle location principali del film) l’anziano Gabriele D’Annunzio (interpretato da un Sergio Castellitto votato all’indagine e alla ricerca sul personaggio, come anche all’invenzione scenica che prende il posto dell’ “imitazione”) è circondato da una piccola schiera di amanti e collaboratori: fra questi ultimi viene inserito il giovane federale di Brescia Giovanni Comini (Francesco Patanè), incaricato dal gerarca Achille Starace (Fausto Russo Alesi) di vegliare sul Vate della Nazione, ora sempre più inviso al regime a causa delle divergenze tra questo e i membri del governo fascista. Il regime stesso, sempre più lontano dall’immagine utopica ed estetizzante che D’Annunzio aveva creato per esso e sempre più votato alla violenza e alla persecuzione dei dissidenti spesso anche inconsapevoli malsopporta infatti quello che era stato eletto a Vate della Nazione, ora svanito all’interno di un culto narcisistico e nel vizio ma sempre pronto a far ascoltare la propria voce.

Il giovane Giovanni Comini, di fatto protagonista del film, nella sua ingenuità e forse anche avversione verso i metodi di controllo e repressione esercitati dall’apparato e verso l’imminente alleanza con Hitler trova nelle parole e nelle azioni di Gabriele D’Annunzio dapprima una colta compagnia e poi un punto di vista divergente sulla realtà, figlio dell’utopia fiumana e dello slancio vitalistico che caratterizzano  la comune immagine del poeta nel solco della storia. Dentro d’Annunzio, come evidenziato dall’interprete Sergio Castellitto, c’è la crudeltà e la bellicosità ma anche una sterminata archeologia del sapere e dell’agire contenuta entro le mura della casa-museo del Vate. Il film non risparmia di certo alcun giudizio nei confronti dei personaggi che gravitano intorno a un sempre più sfuggente Benito Mussolini di ritorno dalla Germania ma allo stesso tempo cerca di indagare le ragioni dell’azione e delle vite di coloro che hanno avuto a che fare con il capitolo più oscuro del Novecento, in particolare del poeta-guerriero che vediamo consumato dal vizio come anche, forse, da qualche rimorso.

Il film persegue uno straordinario rigore filologico:  i dialoghi sono tratti da una reale testimonianza storica, ovvero il lungo diario di Giovanni Comini scritto a proposito della sua missione di spionaggio interno. La fotografia di Daniele Ciprì impone il colore e le atmosfere del periodo non mancando mai nel rendere visibile anche la sensazione di straniamento e allontanamento che pervade l’intero film.

Quelle del rigore filologico, della cura dell’immagine e anche delle scenografie magniloquenti (in questo caso quella del Vittoriale) sono le strade che il produttore Matteo Rovere sostiene di dover perseguire per confezionare dei prodotti che possano essere amati dal pubblico italiano ma anche esportati all’estero. Film coraggiosi anche nel trattare personaggi e temi così controversi senza rinunciare alla spettacolarità della rappresentazione, vera cifra dominante del cinema contemporaneo.