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Antonio Ligabue al Vittoriano

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Dall’11 novembre 2016 all’8 gennaio 2017 le sale del Complesso del Vittoriano – Ala Brasini di Roma accolgono la mostra Antonio Ligabue: un’esposizione interamente dedicata al genio tormentato, originario della Svizzera tedesca, ma che a Gualtieri – sulle rive del Po – visse fino alla morte dopo essere stato espulso dal Paese natale nel 1919. Autodidatta, grazie a una visionarietà e a una capacità di trasfigurazione straordinarie, raggiunse quella dimensione pittorica di espressionista tragico, profondamente umana e intrisa di una sensibilità viscerale che gli valsero la conquista di una propria identità e, dopo fatiche e ostracismi, i riconoscimenti da parte di appassionati e di storici dell’arte.
Attraverso circa 100 lavori, la mostra propone un excursus storico e critico sull’attualità dell’opera di Ligabue che rappresenta oggi una delle figure più interessanti dell’arte del Novecento.
Nato a Zurigo nel 1889, dopo tormentati e inquieti anni di vagabondaggio, nel 1919 giunge a Gualtieri dove nel 1929 incontra Renato Marino Mazzacurati (artista della Scuola Romana e poliedrico esponente di correnti artistiche quali il cubismo, l’espressionismo e il realismo) che ne comprende l’arte genuina e gli insegna l’uso dei colori a olio, guidandolo verso la piena valorizzazione del suo talento. Con singolare slancio espressionista e con una purezza di visione tipica dello stupore di chi va scoprendo – come nell’infanzia – i segreti del mondo, Ligabue si dedica alla rappresentazione della lotta senza fine, per la sopravvivenza, di animali della foresta; si autoritrae in centinaia di opere cogliendo il tormento e l’amarezza che lo hanno segnato, anche per l’ostilità e l’incomprensione che lo circondavano; solo talvolta pare trovare un po’ di serenità nella rappresentazione del lavoro nei campi e degli animali che tanto amava e sentiva fratelli (in particolare, i cani).
Tra gli olii esposti Carrozza con cavalli e paesaggio svizzero (1956-1957), Tavolo con vaso di fiori(1956) e Gorilla con donna (1957-1958), accanto a sculture in bronzo come Lupo siberiano (1936).
In mostra anche una sezione dedicata alla produzione grafica con disegni e incisioni quali Mammuth (1952-1962), Sulki (1952-1962) e Autoritratto con berretto da fantino (1962) e una sezione sulla sua incredibile vicenda umana.