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Da Caravaggio a Bernini -il Seicento italiano alla corte di Spagna

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Giovedì 13 aprile è stata inaugurata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla presenza di Ana Pastor Juliàn, presidente della camera dei Deputati di Spagna, la mostra “Da Caravaggio a Berninicapolavori del Seicento italiano nelle collezioni reali di Spagna, visitabile dal 14 aprile al 30 luglio 2017.

Il percorso espositivo è l’itinerario percorso nel reciproco scambio italo-spagnolo del XVII secolo da plurimi artisti ricompresi nella parabola cronologica delimitata da Caravaggio e Bernini, un arco di tempo in cui il legame politico e burocratico tra la nostra penisola e quella iberica diventa l’occasione di intermediazione artistica.

L’esposizione si presenta come  una co-organizzazione italo-spagnola di sessanta opere di Patrimonio Nacional, l’istituzione pubblica che tutela  e valorizza il patrimonio artistico nella disponibilità della Corona; curata da  Gonzalo Redin  Michaus e organizzata da Patrimonio Nacional, Gruppo AlbertisAles  e Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la mostra si propone come riflesso simbolico della rappresentanza di alti dignitari il collezionismo diretto di Ambasciatori e Viceré che ha conseguito all’importazione di opere italiane in Spagna e il loro graduale confluire nelle Collezioni Reali, contribuendo a generare la nascita di un gusto e di una scuola nazionale che culminerà  con  Diego Velàsquez, raggiungendo le vette della Storia dell’Arte europea.

Nel panorama italiano che si dispiega tra Naturalismo, Classicismo e Barocco, si apre sui cardini di Caravaggio e Bernini  l’ingresso della presenza  politica spagnola in Italia che progredisce nella cultura artistica nella creazione di veri e proprio capolavori.

L’opera d’arte diviene simbolo di un  passaggio, di uno scambio che si trasforma, passando attraverso le forme dell’arte italiana. Il capolavoro viene scelto come vertice icastico  del punto di incontro tra culture: esemplificativa è la Salomè con la testa del Battista di Caravaggio ( Madrid, Palacio Real) . L’opera accoglie il visitatore nell’opposizione alla tela di Fede Galizia Giuditta e Oloferne, pittrice lombarda che accoglie la rappresentazione naturalistica per plasmare frammenti di una realtà fine a sé stessa, concentrata nei particolari. Il naturalismo del Merisi reinterpreta  l’episodio per discernere agli occhi dei contemporanei la verosimiglianza della vicenda: l’effetto creato dalla disposizione delle due opere è dirompente, interrompendo la sequenzialità espositiva attraverso la differenza stilistica che rende peculiare ciascun artista.

Il percorso della mostra progredisce nelle opere d’arte come luoghi icastici del passaggio dall’Italia alla Spagna: la conversione di Saulo del bolognese Guido Reni e la tela di Guercino recentemente restaurata furono scelte da Filippo IV dalla collezione del Principe di Piombino, Niccolo Ludovisi e rispecchiano dunque la politica dei dono messa in atto dai governanti per ottenere il favore della corte spagnola.

La scuola napoletana rappresenta una tappa obbligata conseguentemente ai due secoli di governo spagnolo sul territorio: per questo nelle collezioni del Patrimonio Nacional spiccano le opere di Jose de Ribera, come il drammatico San Francesco si getta in un rovo di spine o Il gregge di Labano, in cui il sorprendente realismo, luminosità, gamma cromatica rimandano a Caravaggio e alla corrente neoveneziana. Soprannominato “lo Spagnoletto” , fu il pittore più richiesto dai vicerè spagnoli e fu scelto per il ritratto del figlio naturale di Filippo IV, don Giovanni d’Austria. Come suo rivale, si presenta Massimo Stanzione con l’imponente dipinto raffigurante I Sette arcangeli” espressione di un culto assai diffuso nell’Italia Meridionale.

L’itinerario si inverte nella sovversione pittorica di Velàsquez, che dalla Spagna arrivò a Roma e al suo ritorno dipinse due capolavori come La tunica di Giuseppe e La fucina di Vulcano, entrambi collocati nel palazzo del Buen Retiro di Madrid e segnati dallo studio dei dipinti di Caravaggio e francesi come Charles Le Brun, che proprio a Roma dipinse Il cristo morto compianto da due angeli.

Altro pittore di spicco nella corte spagnola fu indubbiamente il napoletano Luca Giordano, scelto per equiparare il difficile regno dell’ultimo sovrano della dinastia degli Asburgo, Carlo II attraverso l’imitazione in chiave barocca dell’opera di José de Ribera, con l’ebbrezza di Noè e l’asina di Balaam.

Lo scambio artistico coinvolge pittura e scultura, come il bellissimo Cristo crocifisso in bronzo, acquis


tato dall’ambasciatore di Spagna a Roma per essere inviato a Filippo IV e collocato nel pantheon reale del Monastero dell’Escorial, unica opera commissionata all’artista dall’estero e unica figura completa in metallo realizzata da Bernini e giunta fino a noi, non ancorata a un complesso monumentale.

Attraverso alcune opere di spicco, la mostra ripropone dunque l’eleganza della scelta di alcune opere nel legame tra Spagna e Italia, in un percorso vario, che diverte nella sua logica estetica e percettiva, impressionando lo spettatore nella vastità proposta e  soprendendolo  attraverso i capolavori proposti.