Il saggio di Jean Genet, L’atelier di Alberto Giacometti si apre con questa dichiarazione: “l’arte di Giacometti mi sembra svelare la ferita segreta di ogni essere e di ogni cosa, perchè li illumina”. La mostra, promossa da Rvb Arts, va infatti a concentrarsi su questa ferita, ciò che rimane dell’umanità dopo che l’artista ha strappato via tutte le false apparenze. Da una parte Gianlorenzo Gasperini con le sue sculture che, non a caso, si ispirano ai lavori di Giacometti, dall’altra le fotografie di Vera Rossi. Le fotografie sono realizzate su plexiglass e, come sottolinea la critica Viviana Quattrini, è necessario che si considerino questi lavori come indirizzati alla ricerca della trasparenza. E’ ciò che emerge per esempio nella serie Finestra. L’artista lavora attraverso luci e ombre utilizzando vetro e acqua come filtri per trascendere dalla realtà oggettiva partendo dalla stessa. Anche nella serie Riflessi a sentirsi è questo senso di alterità che emerge attraverso l’utilizzo di colori che rimandano ad un carattere al limite della nostra percezione, ma attraverso la semplicità. Fondamentale è anche il ruolo delle finestre come in Amsterdam o nella serie Distorsioni. Se nelle serie precedenti la visione è dall’interno verso l’esterno, qui invece il contrario, ma il risultato non cambia e la finestra con le sue linee verticali e orizzontali indica una correlazione tra l’interiorità e l’esteriorità, come se indicassero il limite tra un asse cartesiano, la sua dimensione spazio-temporale e l’altro che emerge nel semplice e trasparente.
Anche i lavori scultorei di Gianlorenzo Gasperini mirano alla ricerca di una precarietà, partendo dalla semplicità. Il suo obiettivo, come spiega lo stesso artista, è quello di tornare a dare un linguaggio all’arte. In lui questo obiettivo è raggiungibile attraverso la rappresentazione di figure in bilico con l’utilizzo di materiali levigati, al punto tale da far sentire una distorsione del dato, del visibile. Un esempio è la serie Piroga nella quale la figura sembra muoversi, ma anche stare ferma nell’attesa di un qualcosa o qualcuno, aprendo punti di vista e visioni diverse della situazione. La sfida che l’artista si propone è quella di una rilettura della tradizione in scala presente, dove tutte le certezze si dissolvono.
Ancora una volta la mostra stupisce per la continuità e comunanza di elementi tra gli artisti. Entrambi, infatti, proponendo la sfida del figurativo e non si arrendono all’astrazione. La Rossi si spinge fino al limite della distorsione e non molla la presa sul figurativo, Gasperini ironizza fino a sfiorrare i limiti e gli ostacoli temporali che caratterizzano una figura. Che è pur sempre una figura. Entrambi, a ben vedere, pensano che il visibile è porre continue interrogazioni. Se i non-figurativi pensano che la raffigurazione della realtà sia stata compiuta una volta per tutte e che la visione del mondo esterno sia ormai esaurita, loro con i colori o con i materiali scultorei, considerano impossibile raffigurare la realtà, in quanto sconosciuta, esattamente come la prima volta che si è tentato di rappresentarla.
Nicola Di Lisa