<<…La musica rap è musica per noi persone comuni, che ogni giorno combattiamo per imporci a testa alta in una società che vuole schiacciarti la testa e obbligarti a seguire le sue regole con ogni mezzo lecito..>> Il rapper StiLL G ha risposto ad alcune domande poste via mail su di lui e sulla sua musica, la quale si riallaccia al filone hip hop della seconda metà degli anni ’90, imponendo una precisa visione del mondo legata indissolubilmente alla passione musicale e alla volontà di imporre se stessa sulla scena. Tra collaborazioni internazionali, singoli ed EP (Tra i quali l’ultimo, uscito quest’anno, “Portrait of an Italian G Funkster“) il rapper controcorrente e distante dalle tendenze sempre momentanee della moda sta imponendo nel corso della sua carriera un racconto e una narrazione personale e inedita, tutta da scoprire e da apprezzare.
Raccontaci del tuo rapporto con l’hip hop (West Coast) e in generale con la musica.
Il mio rapporto con l’Hip Hop nasce quando avevo 13 anni, ai tempi giocavo a basket in una piccola squadra che partecipava a dei tornei fra oratori in giro per la provincia di Milano, a volte capitava che si faceva qualche trasferta e quando il nostro allenatore ci portava alle trasferte per alzare il morale della squadra metteva gli Articolo 31, il suo gruppo preferito, in modo che questi ragazzini potessero trovare nella musica la forza di “combattere” e vincere per la propria squadra.
Quella è stata la prima volta che ho conosciuto il genere Hip Hop, poi grazie ad alcuni amici, quando ci si trovava a giocare a basket al parchetto sotto casa era una prassi ormai fissa mettere su cassettine “pirata” che provenivano da amici di amici, registrate alla buona, con musica rap che veniva da oltreoceano, ai tempi chi era più fortunato riusciva a permettersi un viaggio a New York e tornava in Italia con uno zaino dell’Invicta pieno di mixtape fatti da ragazzi americani con il meglio della musica black che girava in quel periodo. Così mi appassionai alla cultura Hip Hop e cominciai a studiare il genere, le influenze, i gruppi storici fino ad arrivare alla nuova scuola (ai tempi gli anni 90) tentando di capire e comprendere a cosa gli artisti si ispiravano e come il loro genio si ampliava trasformando vecchio funk, blues, soul, in musica che “viaggiava” sui 90/96 bpm con un ritmo che faceva muovere le teste e saltare ad ogni rima chiusa in battuta.
Era tutto stupendo, era il 1997 e io e i miei amici eravamo gli unici ad ascoltare e vestirci come i rapper americani, presi in giro dal popolo della discoteca e presi di mira perché eravamo diversi dai loro canoni musicali, ma non ce ne fregava nulla e a testa alta portavamo fieri quei pantaloni “oversize” i famosi Baggies, il cappellino con la visiera che copriva gli occhi e quelle felpe, o magliette XXL con nomi di grandi rappers e gruppi dei primi anni 90.
Il mio rapporto con il genere Westcoast è nato grazie a 2pac Shakur, in quel periodo lui era fuori con un doppio album “All Eyez On Me” con un singolo che spopolava ovunque e raggiungeva primi posti in classifica ovunque nel mondo, ovviamente sto parlando di “California Love” la prima volta che ascoltai quel brano ci fu come un flash nella mia testa e da quel giorno esisteva solo quel genere musicale, così come avevo fatto in precedenza con la musica rap che proveniva da New York, mi sono messo a cercare libri, riviste e autobiografie che parlavano del genere westcoast e della “cultura” delle gang di strada, così da quel giorno eisteva solo il westcoast rap americano.
Nel frattempo in Italia, gruppi come Articolo 31, Sottotono, OTR, Neffa e i messaggeri della dopa, spopolavano in chart e quando scoprii che il mio genere il “westcoast rap” solo i Sottotono e gli SR Raza lo facevano qua in Italia, la mia attenzione si spostava ai nostri artisti nostrani e l’ ammirazione cresceva tanto da prendere una decisione importantissima per il mio futuro, iniziare a scrivere testi, fare strumentali di un certo spessore e seguire le orme dei grandi pionieri qua in Italia, sempre ispirati da artisti come Dr. Dre, Snoop Dogg, Warren G e 2pac Shakur….e fu così che tutto prese forma…
Cosa ne pensi della scena rap italiana di oggi e del passato? A quali artisti ti senti più affine?
Cosa penso della scena rap italiana di oggi e del passato, beh sicuramente la prima cosa che mi balza in mente e che sono 2 mondi totalmente diversi fra di loro, fenomeni che si sono adattati al periodo che si stava passando esattamente in quel momento, che come potete ben sapere differenziava in contenuti ed avvenimenti l’uno dall’altro. I 90’s seguivano uno schema un po’ più complicato, si parlava di problemi con le prime droghe sintetiche, si parlava degli sballati del sabato sera, si parlava di uno Stato che era totalmente assente nei confronti del popolo e si ostinava a contare le banconote più che a pensare alle persone, alle guerre, a tutto quello che succedeva nel mondo, c’erano i primi sensori di una moneta unica e i primi ladri scappavano all’estero per nascondere le loro malefatte, mentre invece oggi i problemi sono alquanto diversi, i ragazzi d’oggi e il loro mondo fatto di cellulari, console per videogiochi, internet, cyber bullismo, episodi di violenza sui più giovani, su i più deboli, su i più anziani, in un certo senso le cose sono cambiate radicalmente in peggio e i rapper di oggi che parlano dei problemi sociali sono sempre meno e quei pochi che lo fanno sono sempre i meno ascoltati, va di moda il ragazzo che ha 3 Iphone in mano, va di moda il tizio più figo che si fa di sciroppo e codeina, lo stesso che porta collane enormi e molto pacchiane e soprattutto i denti d’oro, uno stereotipo che i ragazzi d’oggi seguono troppo seriamente, tutti vogliono diventare milionari a 16 anni con YouTube, tutti non vogliono lavorare, tutti che vogliono tutto e subito, diciamo che la generazione dei 90’s che ora sono padri di famiglia o single con 1000 problemi legati al lavoro hanno poco a che vedere con questa generazione di ragazzi con dei riferimenti assolutamente sbagliati e persi nelle peggiori cazzate di internet, più “posti”, più “follower” hai e più sei un figo, quindi di riflesso la musica dei nuovi rapper rispecchia questa generazione e se ne frega della vera cultura Hip Hop che è nata alla fine degli anni 70, come un alternativa alle gang di strada, ad un futuro fatto di giovani ragazzi morti per droga o per un colpo di pistola in mezzo alla strada in un regolamento di conti.
Si facevano queste feste per intrattenere i più giovani e aiutarli ad entrare in questa grande comunità dove imparavi a tirare fuori tutto quello che avevi dentro di brutto e sbagliato, grazie ai graffiti, grazie alla break dance, grazie ad un microfono e ad un paio di giradischi, questo era quello che io nei 90’s seguivo, studiavo e mi informavo su cosa fosse quel genere musicale trovando collegamenti su ogni libro, ogni vinile e ogni rivista importata, oggi invece i nuovi rapper se ne fregano della vera cultura hip hop e per loro rap equivale a trap, tanti soldi, tanti follower e chi ha la cintura di Gucci più grossa.
Infatti non per una questione di età, ma per contenuti e tipo di musica, io prendo le distanze da tutto questo, preferisco figurare come “dinosauro” ma che ancora oggi fa musica con un senso, che crea melodie morbide e che si esprime con testi un po’ diversi da” spacco tutto, faccio brutto, ho una collana d’oro che è grossa quanto il Duomo di Milano”, e quindi rimango più affine a quelle storie raccontate su un beat soul, dove una cantante imposta la voce sul ritornello in una certa maniera da affascinare la canzone e ascoltare attentamente il testo e le emozioni che trasmette, quindi rimango più vicino ai Sottotono, i primi Articolo 31, i Sangue Misto, gli OTR, Bassi Maestro, ATPC, Kaos One, Lyricalz e tutti i veri protagonisti dei primi anni 90, di cui ancora oggi qualcuno porta avanti la sua passione con impegno e cuore in modo da differenziarsi davvero da quello che gira in radio adesso.
Quali sono le differenze principali tra te e gli altri artisti italiani?
La differenza tra me e gli artisti italiani, se per artisti italiani intendiamo i nuovi rapper, personalmente non avrò i loro fans, i loro soldi e i loro concerti Sold Out, ma preferisco portare avanti il mio obiettivo, ovvero quello di riportare in vita le vere sonorità Hip Hop dei primi anni 90, accompagnate dal giusto soul, dal giusto funk e da una vera musica suonata e cantata che riesce ancora a trasmettere emozioni, rispetto a questi nuovi suoni ispirati a sonorità drum and bass che si allontanano parecchio dal concetto di black music, beat pesanti fatti con 808 e un eccesso di autotune su ogni verso e su ogni ritornello perché fa figo l’autotune, per non parlare poi delle frasi senza senso, non in rima, senza una metrica, senza il giusto flow che scivola bene e si fonde con la strumentale. I gusti sono gusti.
Poi non sono qua per giudicare, perché ognuno è libero di esprimersi come vuole musicalmente, ci sono ragazzi che grazie alla trap si sentono di dire la loro come faccio io su sonorità soul e R&B, quindi la musica appartiene a tutti indifferentemente dai propri gusti musicali, senza discriminazioni e sarà sempre un modo per esprimere se stessi e aiutarsi.
Sta di fatto che io personalmente non amo quel genere musicale e sono convinto che ci sono ragazzi in questa generazione che la pensano come me, che amano le sonorità più morbide e adorano ascoltare una bella voce che canta un ritornello al posto di versi con l’autotune, sono convinto che in molti apprezzano ancora la musica che faccio io, ispirati ai bei tempi dei primi anni 90, magari qualche genitore appassionato gli e la avrà tramandata con qualche collezione di CD, oppure qualche fratello, oppure semplicemente perché hanno ascoltato un cantante della vecchia guardia su YouTube e si sono innamorati della sua musica e del suo genere…siamo milioni di persone sicuramente confido nel fatto che esistono da qualche parte ancora giovani che ascoltano e comprano CD dei primi anni 90.
Come descriveresti la tua musica a chi non conosce e non pratica l’universo del rap, e specialmente quello del passato, quando ancora questo mondo non era così noto al pubblico non di nicchia, almeno nel nostro paese?
Personalmente mi piace descrivere chi fa musica rap, come un poeta di strada che scrive quello che vive nella buona e nella cattiva sorte, una specie di reporter che riporta con le sue canzoni momenti di vita quotidiana che a molti sfugge perché troppo impegnati a guardare la televisione e i programmi spazzatura, un reporter tipo di guerra che ogni giorno con il suo block notes parla e descrive situazioni che occhi distratti non possono vedere.
Un poeta, uno scrittore moderno che ti parla della vita di una persona comune con i suoi alti e i suoi bassi, dove chi più e chi meno si rivede nelle parole dello scrittore, si emoziona e si sente meno solo, perché la musica rap è musica per noi persone comuni, che ogni giorno combattiamo per imporci a testa alta in una società che vuole schiacciarti la testa e obbligarti a seguire le sue regole con ogni mezzo lecito. Hip Hop vuol dire raccontare la verità e dimostrare che NOI NON ABBASSIAMO LA TESTA PER NULLA AL MONDO, QUESTA E’ LA NOSTRA VITA E SE VUOI ENTRARE DEVI CHIEDERCI IL PERMESSO.
Questo è quello che direi a chi non ha mai ascoltato una canzone rap e non sa nemmeno l’esistenza di qualcosa che può davvero cambiare il mondo.