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Le Winter Severity Index e il loro nuovo lavoro “Human Taxonomy”, l’intervista che vi fa entrare nel loro mondo

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Cercare di trovare un senso oltre le maschere, sviscerare e capire. Intuire non basta più, serve una svolta esistenziale che dia un tono più profondo alle relazioni umane. Questo e molto altro ancora nelle parole delle due artiste che si sono confrontate con noi per presentare il loro ultimo lavoro, per raccontarci del loro successo al Kuppelhalle e anche per illustrare i loro progetti futuri.

 

Human Taxonomy”, il nuovo LP di Winter Severity Index è disponibile dal 15 maggio scorso. Un titolo evocativo, come mai questa scelta?
Human Taxonomy ( Tassonomia umana) nasce da una riflessione sulla pressante volontà classificatoria dell’essere umano non solo nei confronti della realtà a lui circostante ma anche di se stesso. L’uomo ridotto a una categoria, incasellato in un ruolo che deve necessariamente ricoprire per essere riconosciuto dalla società, vede sostituire la sua personalità con un modello precostituito, al quale sente in qualche modo di dover aderire, rivendicando, tuttavia, l’esigenza di differenziarsi da esso. Ma anche nel suo dichiararsi diverso, a volte, l’uomo incappa di nuovo in un gioco di maschere ed etichette dal quale è difficile liberarsi definitivamente. Ne consegue un senso di dolorosa alienazione dal suo essere più intimo, che rivendica, infine, la libertà di vivere nelle sfumature e nelle ambiguità. 

Alessandra Romeo e Simona Ferrucci sono le Winter Severity Index, come vi siete incontrate? E come nasce questo sodalizio artistico?
Risponde Simona: ci conoscevamo prima di iniziare a suonare insieme, quando ancora Winter Severity Index era un progetto di quattro elementi e Alessandra aveva da poco avviato assieme a Giovanni Stax i No Fun. Quando Valentina Fanigliulo, a.k.a. Mushy ha deciso di lasciare il progetto, che già era diventato un duo, ho pensato subito di proporre ad Alessandra di collaborare, perché trovavo il suo gusto molto affine al mio. Non mi sbagliavo, Alessandra è decisamente la compagna musicale ideale.

Quali sono state le riflessioni artistiche che sono state prese prima di sedersi e scrivere testo e musica?
Le riflessioni sono riflessioni, non faccio distinzioni fra quelle artistiche e quelle di altra natura. Io rifletto sempre molto, altrimenti penso non avrei necessità impellente di esprimermi artisticamente. Quindi non credo ci sia stato un preciso momento in cui ho detto: “Oh, adesso comincio a fare riflessioni per il nuovo album!” Ho semplicemente raccolto queste ultime e ho tentato di dare loro un filo conduttore. L’ho trovato nel senso di nausea estremo per la bidimensionalità alla quale sembra sia molto consigliato conformarsi.

Nell’album il duo si interroga sul bisogno di categorizzare, come chiave per la comprensione reciproca. Ecco, proprio delle categorie però abbiamo bisogno per poter comprendere tutta la realtà, pensate che si possa andare oltre queste e arrivare a un modo nuovo di intendere le relazioni?
Le categorie a cui mi riferisco non sono certo quelle dell’estetica kantiana, senza le quali sarebbe impossibile qualsiasi tipo di conoscenza e di esperienza sensibile. Mi riferisco a forme di appiattimento e livellamento sociale, più che a schemi cognitivi. Ridurre l’essere umano a un modello precostituito ( la madre, la puttana, l’uomo d’affari, il ribelle, il matto…varie maschere di questo Carnevale infinito) è un tentativo fallimentare di semplificazione per evitare di ammettere la sostanziale impossibilità di conoscenza della mente umana, la nostra e quella altrui. Personalmente non credo ci sia nulla di tragico in questo. Tragico è invece confondere il modello con la realtà.

Noi siamo sempre qualcosa di più rispetto a quello che pensiamo di essere, perché voler per forza aderire pienamente a uno stereotipo sociale? Non vedo dove sia il conforto in tutto questo. I testi di questo nuovo LP si riferiscono proprio a questo senso di spaesamento generato dalla non aderenza al modello. E lo spaesamento, ci tengo a precisarlo, non è il mio personale. Prendo atto soltanto della paura dell’essere umano di fronte all’insondabile. E l’insondabile nient’altro è che se stesso allo specchio.  

Il lavoro è stato presentato al Wave-Gotik-Treffen di Lipsia, come è stato accolto?
Veramente al di sopra di ogni nostra aspettativa. Abbiamo presentato per la prima volta i nuovi pezzi durante il live e abbiamo ricevuto un successo di pubblico e di vendita che francamente ci ha commosso. Vedere la Kuppelhalle, location meravigliosa, forse la più bella delle location in cui si svolge il festival, piena alle quattro del pomeriggio per noi è stato veramente emozionante. Ancora continuano ad arrivarci messaggi di complimenti dai presenti. Sensazionale.  

 

Progetti futuri? 
Ovviamente speriamo di poter presentare il nostro nuovo lavoro live in più occasioni possibili. Siamo veramente fiere del nostro nuovo lavoro e speriamo di poter regalare emozioni e riflessioni a chi vorrà supportare la nostra musica.