Luigi Cinque, con la sua Hypertext O’rchestra, porta in scena all’interno del Giardino Ritrovato il viaggio d’Ulisse. Un viaggio che riporta alla mente dello spettatore l’epopea nel Mediterraneo di uomini, donne e bambini che, come Ulisse, possono ritrovarsi ad essere “Nessuno“. E come questo “Nessuno”, possono ritrovarsi a vivere un’Odissea.
Il colonnato, gli archi, la struttura del giardino, entrano a far parte di una scenografia essenziale che permette di sentire profondamente i musicisti, gli attori e gli interpreti che si susseguono, si accompagnano e dialogano sul palco.
Luigi Cinque riesce, attraverso una conversazione musicale tra più lingue e strumenti, quali il santur, il pianoforte, l’armonium e ancora la lira calabrese, il violino e la mandola, a ricreare un’atmosfera di incontro di più culture. La musica si trasforma in lingua, e sul palco del Giardino Ritrovato va in scena un mondo ante-Babilonia, in cui gli uomini sono ancora uniti e, nell’unione, possono ancora comprendersi.
Eccelsa l’interpretazione musicale di ogni strumentista e cantante, che hanno portato in scena non solo il proprio virtuosismo, ma anche la propria umanità, i propri strumenti pienamente in armonia e accordati l’uno sull’altro. Nasce uno sposalizio perfetto, dove si percepisce un’unica idea da cui parte il tutto. Sul palco musicisti maggiormente noti sulla scena italiana, quali Petra Magoni del duo Musica Nuda, Patrizio Fariselli conosciuto ai più per la sua presenza negli AREA, Michele Rabbia, Mimmo Epifani, i fratelli Mancuso, Federica Santoro, incontrano musicisti d’oltralpe, quali Alex Balanescu, Badara Seck, Urna Cahar Tugki, Carles Denia, Gabriele Coen e Alireza Mortazavi. L’identità cosmopolita degli strumenti e degli interpreti sul palco, permette allo spettatore di addentrarsi nel mondo ricreato da Luigi Cinque, un mondo familiare che prende le stesse fattezze di una Lampedusa contemporanea.
Da riportare, l’interpretazione eccelsa delle due cantanti Petra Magoni e Urna Cahar Tugki che fanno della voce uno strumento tra gli altri strumenti, eco di un racconto antico in cui perdendosi si arriva all’alba; in questa sembra scorgersi di lontano un oceano su cui si posano delle barche, il cui sguardo volge verso una terra promessa.
In scena viene portato il canto della nostalgia, della speranza, del dolore; gli strumenti ci conducono in una terra sconosciuta e ricreaeano la sensazione che prova un viandante all’imbrunire, mentre camminando per le strade di una terra ancora vergine al proprio ricordo, sente dentro crescere la malinconia per ciò che è stato lasciato. Un incontro tra strumenti: la lira calabra affianca il santur persiano che segue il pianoforte e la mandola, e i tamburi di sottofondo che si legano. Una bellezza ancestrale che si fa punto di contatto tra le diverse etnie e i diversi luoghi del Mediterraneo.
C’è bellezza e nella nostalgia di casa si presenta l’incontro con l’altro, un altro lontano dalla cultura del proprio Paese natio, ma presente con le sue tradizioni e la sua storia. Qui i canti provenienti dalla Mongolia e dall’Africa, interpretati da Urna Cahar Tugki e Badara Seck, qui i canti dell’Ave Maria, qui le tradizioni della Sicilia e della storia d’Ulisse reinterpretata in maniera sublime, sacra, eccelsa da Mimmo Cuticchio, attore di ampio spessoreche con l’intensità della sua presenza riesce, camminando tra il palco e la platea, a tenere le redini di tutte quelle culture riportate dai diversi linguaggi strumentali presenti in scena. Luigi Cinque e la sua Hypertext O’rchestra conducono lo spettatore all’interno di una storia, quella di ogni naufrago, senza scadere in banalismi e retoriche sterili. Ogni passaggio è misurato e ogni cambio di scena accompagnato da luci che seguono la composizione musicale. Non c’è spazio per la superficie a Palazzo Venezia, dove ciò che è andato in scena è un virtuosismo musicale dal volto clandestino che riacquista le proprie fattezze umane.
Ester Schiavone