“O di uno o di nessuno”, in scena al Teatro India fino al 24 gennaio, è un lavoro pirandelliano poco frequentato nel teatro italiano: il tipico esempio di quanto il marketing abbia imposto anche al mondo culturale una deriva pericolosa. Cercando di attirare il pubblico usando grandi “nomi”, si finisce sempre per far perdere, al pubblico, un piccolo gioiello. Proprio come questo.
Con la regia di Gianluigi Fogacci, lo spettacolo riesce a evocare bene le atmosfere soffocanti dell’italietta piccola e meschina che l’autore voleva sottolineare.
Mandando in scena una storia cruda, sulla lunghezza d’onda di una Traviata rielaborata, si cade sempre più nel baratro della cattiveria.
Parlare di omosessualità dei due protagonisti è forse troppo, ma il rapporto meschino che i due intrattengono con la donna disgusta tutto il pubblico.
Esattamente quello che l’autore voleva ottenere. Tutti gli attori sono stati in grado di far percepire uno stato d’animo di angoscia e di tensione: usando il paravento di un sorriso sornione, o di una premura troppo intromissiva, tutti gli attori sono stati in grado di far prendere atto di quel tratto di meschinità che si nasconde in ognuno di noi.
Le scene minimal di Fabiana de Marco e i costumi di Maria Filippi concorrono, insieme alla regia, a restituire una idea di Italia sfatta, ferma, immobile alla finestra e pronta alla sentenza e al duello.
È uno spettacolo che va visto, almeno per conoscere veramente tutto Pirandello. Non solo il grande nome.