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Al Teatro Biblioteca Quarticciolo, 25 e 26 gennaio ore 21.00: Bianca Nappi ne “La sua grande occasione” di Alan Bennet con la regia di Alfonso Postiglione

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Bianca Nappi ne “La sua grande occasione” di Alan Bennet con la regia di Alfonso Postiglione, 25 e 26 gennaio ore 21.00 al Teatro Biblioteca Quarticciolo 

La sua grande occasione di Alan Bennet con Bianca Nappi per la regia di Alfonso Postiglione, dopo l’anteprima di luglio 2018 al Gay Village di Roma, debutta nella sua versione definitiva al Teatro Biblioteca Quarticciolo il 25 e 26 gennaio alle ore 21.00.

Lesley è una giovane aspirante attrice, che in un comico e spumeggiante monologo  ci racconta le sue (dis)avventure, di fatto assai marginali, nel mondo del cinema. Da un set di un film famoso di Roman Polansky, in cui interpreta una “donna sul calesse”, a incontri festaioli in cui tenta di racimolare ingaggi, fino ad un film di un regista tedesco che, forse, le proporrà, finalmente, la sua grande occasione, Lesley è pronta a darsi tutta, anima e soprattutto corpo, per la settima arte.

Her big chance (La sua grande occasione) è un monologo dell’acclamato autore britannico Alan Bennett, raccolto nella silloge teatrale intitolata Talking Heads, realizzata per la BBC sul finire degli anni ’80 e andata in onda per circa dieci anni, e incentrata su singoli personaggi appartenenti alla media borghesia inglese. Racconti di gente comune impegnata a darci conto della propria mite esistenza, con ironia spesso inconsapevole, che cede progressivamente il passo a venature malinconiche che affiorano lungo il dipanarsi della narrazione.

Nello specifico di questo testo, la grande occasione è quella che attende Lesley, giovane attricetta, o presunta tale, che si affanna, spesso divertita, tra provini e feste, nel tentativo di far carriera, per ritrovarsi poi, alla fine, a far sempre poco più che la figurante. Quello di Lesley è un personaggio tipico del teatro di Bennett. Ritratto idiosincratico di una donna che lotta quotidianamente tra il suo essere e l’apparire, tra le velleità di una triste realtà e le illusioni che ci si crea per sopravvivere. Lesley ci racconta dei suoi bislacchi provini cinematografici, in cui si ritrova a dare consigli non richiesti al regista di turno, degli equivoci in cui cade pensando di interpretare ruoli di qualche rilievo narrativo e finendo per dare sostanza interpretativa assai irrilevante a comparsate quasi invisibili; ma anche finendo a letto con presunti responsabili di produzione che millantano autorevolezza. Lesley va avanti per la sua strada, nonostante il percorso ci appaia, sempre più vividamente, come un circolo vizioso. Nessuno può fermarla. Il suo agguerrito entusiasmo le fa gettare il cuore dei suoi sogni oltre qualunque ostacolo le frapponga la cruda realtà. E la sua ingenuità, che filtra i suoi – anche squallidi – incontri, la mantiene in uno stato di nuda purezza che, un attimo dopo averci fatto sorridere, ci fa penare e commuovere nell’ascolto delle sue bizzarre avventure.

Lesley racconta di aver lavorato in un film di Roman Polansky  e, per dare sostanza e peculiarità al suo apparire, ci precisa di avere avuto indosso dei merletti fatti a mano di fine ottocento. Ciò che Lesley fa, è tentare, e illudersi spasmodicamente, di dare valore, il più alto possibile, alle esperienze della sua vita, per sperare di conferire valore a ciò che è. E per far ciò è necessaria una passione esagerata, forse perché presunta, che però appanna, obnubila, acceca lo sguardo su se stessi. E la mancanza di uno sguardo autentico e magari spietato su di sé è tratto comune di tutti i personaggi raccontati da Bennett in Talking Heads, che si riversano addosso le loro bizzarre, comiche ma anche amare vicissitudini, le raccontano ad un interlocutore immaginario che siamo noi stessi, il pubblico, si sfogano quasi per scrollarsela questa loro mediocre esistenza e per consegnarci, forse, qualche domanda: Che valore autentico hanno le cose che facciamo? Quante illusioni sono necessarie per auto-ingannarsi? E se la grande occasione che aspettiamo, fosse solo quella di accettarci, una buona volta, per quel che siamo?