Al Teatro
Gobetti di Torino, martedì 20 ottobre 2020, alle ore 19.30, debutta AMORE
RICUCITO di Anthony Neilson,con Valentina Virando e Alessandro
Federico che cura anche la regia dello spettacolo, disegno luci Davide Rigodanza.
Amore
ricucito,
prodotto da Proprietà Commutativa in collaborazione con Teatro Stabile Torino –
Teatro Nazionale, sarà replicato al Gobetti per la Stagione in abbonamento del
TST, fino al 25 ottobre.
Il testo
di Anthony Neilson, protagonista della scena teatrale britannica insieme a Mark
Ravenhill e Sarah Kane, è ambientato in una cornice angusta, quasi una
gigantesca cassetta della frutta, dove Abby e Stu sono costretti a convivere
con il loro amore e con il trauma che li ha segnati. La coppia ripercorrerà i
propri ricordi, in un tempo frammentato, con un folle desiderio di ricucire, di
ricucirsi, di ricominciare.
Scrive la
Compagnia «Cosa siamo disposti a fare per riparare qualcosa che si è rotto? Abby
e Stu vivono, o meglio rivivono, le scene più segnanti della loro relazione,
senza possibilità di uscire mai. Senza possibilità di risolvere mai.
Una casa
scatoletta, una prigione in miniatura, dove i personaggi sono costretti a
fronteggiare, in uno spazio vitale piccolissimo, il dramma che li attende o che
si è già compiuto.
Il
montaggio dello spettacolo non segue un tempo lineare, ma accavalla e modifica
i ricordi.
I due
protagonisti passano attraverso ruoli lontani e rapporti crudeli, tanto che lo
spettatore sarà costretto a chiedersi, e poi a scoprire, il vero motivo di
questo continuo gioco al massacro, fino alla rivelazione finale che ribalterà
la visione degli accadimenti.
Uno
strappo. Un tentativo e un desiderio folle di ricucire, di ricucirsi, di
ricominciare. Uno squarcio che porta lo spettatore violentemente dentro le dinamiche più autentiche e feroci che si
consumano all’interno della vita di coppia. Il testo scava nella profondità
dell’animo umano senza fare sconti a nessuno, con una crudezza disarmante e
un’ironia dissacrante.
Dove
inizia l’amore, finisce la libertà?».
«In
proscenio – scrive Alessandro Federico – una fila di bicchieri e di bottiglie
di vino. L’alcool è il filtro attraverso il quale Abby e Stu agiscono, e mi
piace l’idea che lo spettatore guardi queste due persone come da dietro un
vetro, in un modo un po’ distorto, dissonante come la fragile vita dei due
protagonisti, una vita che nonostante i loro ridicoli e disperati tentativi non
si riesce ad aggiustare. Assistiamo inerti a 11 pezzi della loro esistenza che
supplicano di essere ricostruiti e messi in ordine, ma c’è sempre qualcosa che
non torna, sempre la musica sbagliata, la parola sbagliata che genera violenza
e forse, uno strappo difficile da ricucire».