Essere cattivi significa sentirsi prigionieri di sé stessi: non è uno stato d’animo, è la prigione del proprio corpo che ci fa vivere la cattività, rinchiusi in una dimensione interiore che ingabbia il pensiero in una stasi stagnante, un morbo inguaribile perché inguardabile. Non ci si può guardare dentro, si resta nell’oscurità che ci avviluppa, si spegne la luce e si resta nel buio. il carcere si illumina nella presa di consapevolezza della costrizione. Nell’attimo estremo di soffocamento l’ultimo respiro esala il soffio vitale: ci si sente finalmente malati e così inizia la guarigione. La malattia è cattiva fino a quando è inconsapevole. Essere cattivi significa essere malati e non rendersene conto. La malattia si libera da sé quando si accende la luce accecante dell’aria che fatica ad uscire, dallo strepito del dolore si sente il rumore della vita che non vuole finire. Nella malattia non ci riconosce, si arriva al limite dell’azione efferata perché non si in sé, ma si è chiusi dentro di sé, affossati, sotto di sé.
La dimensione della malattia diventa lo spazio limite e limitato di un’esperienza indecente e indicente: il testo di Chiara Arrigoni dà voce al silenzio nello spettacolo “Audizione”, con la regia di Francesco Toto in scena al teatro india all’interno del Festival “Dominio pubblico- la città agli under 25”, la festa del Teatro che viene restituito al fasto giovanile. Il progetto ideato da Luca Ricci nasce tre anni fa per restituire spazio all’invenzione e all’innovazione. Dal 30 maggio al 4 giugno si susseguono proposte musicali e teatrali di ordinata anarchia, per ricreare un nuovo ordine vincente a partire dai giovani.
“Audizione” è la rappresentazione di una tensione irrisolta che viene mantenuta abilmente in scena grazie all’interpretazione precisa e passionale di Massimo Leone, la stessa Chiara Arrigoni e Andrea Ferrara. La malattia viene intesa nel triangolo di violenza e vergogna ricreato tra due candidati e un esaminatore per un incarico altamente remunerato. Viene inscenata una gerarchia tremenda che annichilisce gli aspiranti al provino allo stato bestiale della propria cattiveria, nel senso di colpa nato dalla loro malattia che si riscopre nel colpo finale della scelta del candidato vincente, tra dissimulazione, squallore e paura. La finzione teatrale ricrea una realtà oscura e malata che si svela lentamente senza perdere mai il tono predominante della tensione, rivelando l’intelligenza puntuale e profonda del testo e della sua rappresentazione.