L’atmosfera che si crea nel piccolo Teatro Abarico sembra riportarci indietro ai salotti letterari di inizio 900. Ci troviamo di fronte ad un vaudeville piccolo e prezioso, che riesce a snodarsi sorprendentemente intorno ad un tema semplice e (all’apparenza) piuttosto esile.
La quotidianità dell’onorevole Panciotti (Daniele Ferrari) è turbata da una piccola controversia di coppia, che in breve si trasforma in una questione etica di vitale importanza: la sua consorte (Maria Chiara Scaini), una donna che oscilla fra l’ingenuità di una bambina e una malcelata malizia, ha l’abitudine di andare in giro per casa in sottoveste, curandosi poco (o forse troppo?) di chi la potrebbe vedere, che siano gli ospiti che gravitano intorno a casa Panciotti o semplicemente il cameriere (tutti personaggi interpretati da Davide Lazzaretto). Centro propulsore e vera protagonista della vicenda è proprio la sottoveste, meno di un personaggio ma più che un semplice capo d’abbigliamento. Ed è qui che la genialità di Feydeau si svela: il capo più sensuale che si può trovare nel guardaroba di una donna viene infatti raccontato con innocenza, perdendo il suo significato e restando solo puro significante.
Anche le parole subiscono nella pièce il medesimo processo e acquisiscono un nuovo senso: capovolti e depotenziati, i valori comuni diventano vecchi soprammobili da rispolverare all’occorrenza. Sembra impossibile afferrare l’ironia della scena e senza capirne realmente il motivo ci si ritrova a ridere. Ma è allora proprio qui che ci si rende conto che la magia di Feydeau è scattata, il quale, da buon “alchimista” della drammaturgia, ha mischiato le carte e calcolato i movimenti, trasformando la quotidianità in assurdo; il ritmo della storia procede oscillante ma con grazia, proprio come il passo di una donna che indossa delle scarpe col tacco.
Gli attori ricreano con maestria questo quadretto di inizio ‘900, riportandolo alla contemporaneità con leggerezza ed evitando la pedanteria in cui si rischia spesso di cadere quando si ammicca alla satira.
“Dove vai tutta nuda”, regia di Davide Lazzaretto, è dunque l’attualizzazione di un delicato vaudeville che ha lo scopo raro e nobile di regalare un’ora di divertimento elegante al pubblico.
Come diceva Ingmar Bergman: “Per mettere in scena un’opera di Feydeau bisogna essere incredibilmente saggi, e conoscere tutti i trucchi”.
Mila Di Giulio