William Shakespeare scrisse Giulio Cesare nel 1599, traendo ispirazione in parte da fatti storici e in parte dalla traduzione di Sir Thomas North delle “Vite dei nobili greci e romani” di Plutarco. L’opera comprime i tre anni che vanno dalla vittoria di Munda nel 45 a.C. al suicidio di Bruto nel 42 a.C. in un lasso temporale assai più breve, inferiore ai sei giorni. Questa compressione degli eventi fa sì che l’intera narrazione sia un unico, ininterrotto conflitto, sia a livello personale che politico.
Lo stesso conflitto attraversa anche la versione viscerale e contemporanea di Giulio Cesare, in scena dal 17 al 20 gennaio al Teatro Storchi di Modena, dello spagnolo Àlex Rigola, nome di spicco della scena internazionale, già direttore della Biennale Teatro di Venezia dal 2010 al 2016.
Il ruolo di Giulio Cesare è affidato all’attrice Maria Grazia Mandruzzato, che, insieme alle altre donne che interpretano ruoli maschili, rovescia le regole elisabettiane; Marco Antonio è Michele Riondino, attore di talento che si muove tra teatro, cinema d’autore e televisione.
Giulio Cesare è la prima regia italiana di Àlex Rigola, uno spettacolo epico, intenso ed appassionante che ruota attorno al tema dell’esercizio del potere.
Come si può gestire la violenza che divide gli uomini? Come si fa a chiedere a qualcuno, anche se solo per finzione, di uccidere un proprio simile? Quali sono i presupposti da cui partire per organizzare una rivoluzione? Uno spettacolo che interroga lo spettatore, messo brutalmente di fronte allo specchio delle sue pulsioni oscure.