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Il boghese di Solfrizzi, uno spettacolo da vedere

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“Le Bourgeois gentilhomme” di Molière, al Teatro Quirino per la regia di Armando Pugliese, è un’arguta commedia-balletto andata in scena per la prima volta nel 1670. Un’opera di spiccata ironia in cui l’autore si prese la briga non solo di deridere la corte di Luigi XIV – facendo il verso alla sua modalità subdola di accentramento del potere per distoglierlo ad una nobiltà che veniva depotenziata e blandita con favori e privilegi – e l’abito sociale dei matrimoni combinati, ma anche e allo stesso tempo di esaltare l’arguzia e l’audacia femminile. Un ricco borghese, il signor Jourdain (emblema del parvenu) sogna di diventare nobile tra persone prive di autentiche qualità come adulatori e scrocconi, che lo raggirano e assecondano la sua follia pur di ottenerne un guadagno, quando in realtà è lui per primo a tentare di comprarli a suon di salamelecchi e compiacenze. Smancerie pagate però tutte a caro prezzo da Jourdain pur di guadagnarsi uno status sociale impossibile da nobilitare, per trovarsi alla fine raggirato dalla sua stessa utopia. Inutile sottolineare l’attualità dell’opera, che infatti si presta benissimo a gags molto contemporanee e ad un registro attoriale facilmente colloquiale. Lo spettacolo è una vera e propria farsa, giocata su tempi comici precisissimi e su una comicità tipica da commedia dell’arte, dove tutti gli interpreti in scena (prima tra tutti Anita Bartolucci) sono perfettamente in grato di reggere il passo ad un Solfrizzi smagliante e sempre travolgente, e di dargli manforte per sfruttare al massimo gli spunti umoristici insiti nel testo. A parte una scelta scenografica difficilmente decodificabile – in quanto la casa-cortile dove si svolge tutta la vicenda è circondata da una sorta di grata che sembra alludere a una metaforica prigione – e dei momenti di comicità forse talvolta ridondanti a livello tempistico, lo spettacolo è una macchina tecnicamente perfetta e di ottimo intrattenimento, sintomo di una profonda sintonia ed ascolto tra gli attori. Quello che manca, però, è forse una scelta registica un po’ più forte, che permetta allo spettatore di andare più agilmente oltre le grasse risate, semplificando la sollecitazione di un autonomo spunto critico. Comunque da vedere, senza alcun dubbio.

Colette