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Il potere che si fa uomo

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“Romani, amici, miei compatrioti, vogliate darmi orecchio”, così inizia il monologo di Marcantonio – uno dei più folgoranti di Shakespeare – che segna l’inizio della guerra civile contro i congiurati. Eppure non sono parole di ostilità e conflitto, ma di amicizia. Tutti i giochi di potere dello spettacolo si sviluppano da un intricato percorso di persuasione, a cui la regia di Daniele Salvo ha dato una connotazione ben precisa. Il dramma si riempie così di collegamenti e richiami: i costumi (di Daniele Gelsi) ricordano divise fasciste contaminate da tuniche romane; le luci mantengono un ambiente buio e tetro, illuminato da lampi e piccoli bracieri, da cui emerge come un’ombra l’azione scenica; gli attori attraversano lo spettacolo assumendo diversi personaggi, utilizzando maschere in lattice che annullano l’elemento facciale. Proprio questa condizione caratterizza Cesare: cancellando i suoi lineamenti il regista amplia la risonanza della sua voce fino a renderlo un’entità sovrumana. 

Tutti gli attori si immergono nei personaggi, vivendo in prima persona la tragedia shakespeariana, in un abilissimo gioco di scambi di ruolo tra salvatore-carnefice, sovrano-esiliato. Si crea così una precisissima coreografia psicologica e scenica, che utilizza tutti gli spazi disponibili del Globe Theatre. La struttura del teatro permette infatti di creare più livelli di azione drammatica: la platea, il palcoscenico, il balconcino. Daniele Salvo elabora appieno tutti e tre, sviluppando lo spettacolo in orizzontale (uscite e entrate di scena in platea) e verticale, avvolgendo completamente gli spettatori.

Particolarmente apprezzato, poi, è l’inserimento del personaggio del destino, di cui sentiamo solo il canto, completamente coperto da un abito abbagliante, interpretato da Melania Giglio.

Massimo Nicolini con una performance eccezionale interpreta sia Giulio Cesare che Ottaviano, a simbolo di un potere che cambia volto, ma rimane intimamente identico.

La tragedia mette efficacemente in discussione tanti elementi di attualità, il rapporto dell’individuo con l’ambizione e il potere, il rapporto del popolo con l’uomo politico, dinamiche in cui siamo profondamente immersi in questo periodo di instabilità. Anche l’unico fedele idealista, Bruto, alla fine deve soccombere. Eppure, lo fa uomo.

Nobile è stata tutta la sua vita,

e in lui Natura sì armoniosamente

aveva mescolato i suoi elementi,

da ergersi e proclamare al mondo:

“Questo fu un uomo!”  (Giulio Cesare, atto ultimo, scena V)